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News

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE/Antitrust e settore della grande distribuzione – La Commissione Europea avvia un’indagine su una presunta collusione tra due operatori della GDO in Francia

Il 4 novembre 2019 la Commissione Europea (Commissione) ha pubblicato un breve press release  con il quale ha reso noto l’avvio di un’istruttoria nei confronti di Casino Guichard-Perrachon (nota come “Casino”) e Les Mousquetaires (nota come “Intermarché”) (le Parti), due delle maggiori catene di prodotti alimentari al dettaglio attive in Francia, per presunti comportamenti collusivi in violazione dell’articolo 101 del TFUE.

Secondo quanto risulta dallo scarno comunicato, le Parti, che nel 2014 avevano creato una joint venture con lo scopo di procedere all’acquisto comune di prodotti di marca, sarebbero andate oltre all’obiettivo (lecito) che si erano poste con la costituzione di tale impresa, potenzialmente coordinando le proprie strategie commerciali. La Commissione intende ora verificare se ciò si sia verificato e se, in particolare, le Parti abbiano coordinato le rispettive condotte con riguardo allo sviluppo delle rispettive catene di negozi e delle politiche di prezzo nei confronti dei consumatori.

L’avvio dell’istruttoria, operato d’ufficio da parte della Commissione, fa seguito alle ispezioni svolte presso le sedi delle Parti nel febbraio 2017 e nel maggio 2019, con il supporto dei funzionari dell’autorità della concorrenza francese.

L’avvio di questa istruttoria si inserisce in un quadro più ampio di azioni intraprese con riguardo alla vendita dei prodotti alimentari al dettaglio e conferma la particolare sensibilità della Commissione alle possibili criticità concorrenziali che interessino tale settore. Del resto, risale a pochi anni fa (2014) la pubblicazione da parte della Commissione dei risultati di un’indagine condotta sull’evoluzione della scelta e dell’innovazione che aveva interessato i prodotti alimentari nei dieci anni precedenti. Tale studio, avviato sulla spinta di ripetute segnalazioni da parte di operatori attivi sulla filiera della distribuzione di prodotti alimentari al dettaglio, insieme alle richieste da parte del Parlamento europeo di approfondire le conseguenze della progressiva concentrazione nella filiera, aveva rappresentato – per quanto qui rileva – un mercato della distribuzione al dettaglio che qualche anno fa, quando fu pubblicato lo studio, appariva non eccessivamente concentrato e sul quale il potere contrattuale esercitato dagli acquirenti non sembrava avere un impatto negativo sulla scelta e l’innovazione relativa ai prodotti.

Resta ora da vedere se le valutazioni preliminari operate dalla Commissione in sede di avvio dell’istruttoria saranno confermate anche in esito al procedimento.

Roberta Laghi

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Diritto della concorrenza Italia/Intese e settore delle gare pubbliche – L’AGCM ha avviato un’istruttoria volta ad accertare l’esistenza di un’intesa restrittiva nelle gare pubbliche per la fornitura di contatori d’acqua

Con il provvedimento pubblicato lo scorso 6 novembre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato l’avvio di un’istruttoria nei confronti di quattro società (G2 Misuratori S.r.l., Itron Italia S.p.A., Maddalena S.p.A. e Watertech S.p.A., le Parti) per una presunta intesa restrittiva della concorrenza volta alla ripartizione del mercato della fornitura di contatori d’acqua in occasione di gare pubbliche. L’avvio dell’istruttoria scaturisce da una segnalazione – la cui provenienza non è stata divulgata – pervenuta in data 28 ottobre 2019.  
 
In via preliminare, il provvedimento di avvio rileva che il settore della fornitura di contatori per acqua si compone, dal lato dell’offerta, di numerose imprese di diverse dimensioni mentre, la domanda è essenzialmente composta da gestori del servizio idrico integrato che si approvvigionano di tali prodotti mediante gare a evidenza pubblica. In tale contesto, il provvedimento designa le Parti come i principali operatori del mercato, dal momento che si sono aggiudicate la maggior parte delle gare pubbliche indette dai gestori del servizio idrico negli ultimi cinque anni.

Nella decisione di avvio dell’istruttoria l’AGCM ipotizza l’esistenza di un’intesa tra le Parti, volta alla spartizione dei lotti disponibili attraverso la definizione concertata delle modalità partecipative alle procedure di evidenza pubblica. Secondo l’AGCM, alla luce della segnalazione, la concertazione sarebbe stata attuata almeno dal 2015 e si sarebbe concretizzata nell’offerta di ribassi sulle basi d’asta in apparenza significativamente inferiori a quelli che sarebbero stati presentati in un contesto concorrenziale. Il provvedimento menziona quattro gare, sparse sull’intero territorio nazionale, che sarebbero state oggetto della presunta intesa: (i) la gara bandita da ACEA S.p.A. nel 2018, suddivisa in 10 lotti, i quali sono stati interamente aggiudicati dalle Parti, che risulterebbero essere gli unici partecipanti; (ii) la procedura indetta da Abbanoa S.p.A. per una stipula di un accordo quadro, a cui ha presentato offerta la sola Itron Italia; (iii) la gara bandita da Acqua Novara nel 2018, suddivisa in due lotti, alla quale hanno presentato offerta unicamente Maddalena, Watertech e G2 Misuratori e in cui le ultime due società si sono aggiudicate un lotto ciascuna; e (iv) la gara indetta da Sal Acqua Lodigiana S.r.l., divisa in due lotti, aggiudicati da Maddalena e Watertech.

L’AGCM ha quindi ribadito il costante orientamento giurisprudenziale in materia d’intese, secondo cui “…la definizione del mercato rilevante è essenzialmente volta a individuare le caratteristiche del contesto economico e giuridico nel quale si colloca l’accordo o la pratica concordata tra imprese…”. Nel settore delle gare pubbliche, ciò si è in pratica generalmente tradotto nell’identificazione di un mercato rilevante per ciascuna gara oggetto dell’intesa. L’AGCM ha però per il momento ritenuto che, nel caso in esame, il mercato possa essere individuato nell’ambito merceologico e geografico corrispondente all’insieme degli affidamenti pubblici condizionati mediante l’ipotizzata intesa spartitoria.

Resta da vedere se tale impostazione verrà mantenuta nel provvedimento conclusivo, la cui adozione è al momento prevista entro il 31 dicembre 2020.

Questa istruttoria sembra dare atto di una sostanziale continuità tra le priorità di enforcement passate e la nuova presidenza,  quantomeno con riferimento al settore delle gare pubbliche.

Luigi Eduardo Bisogno
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Abuso di posizione dominante, misure cautelari e riciclaggio dei rifiuti – L’AGCM impone a COREPLA misure per rimuovere ostacoli imposti al nuovo entrante CORIPET 

L’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) ha deliberato lo scorso 29 ottobre l’adozione di misure cautelari nei confronti del Consorzio Nazionale per la Raccolta il Riciclo e il Recupero degli imballaggi in Plastica (COREPLA) nell’ambito di un procedimento aperto il 30 aprile 2019 per accertare se alcune condotte messe in atto da COREPLA costituiscano un abuso di posizione dominante nel mercato della gestione dell’avvio a riciclo degli imballaggi primari in plastica.

COREPLA è, infatti, uno dei consorzi di filiera facenti parte del sistema del Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) cui partecipano obbligatoriamente i produttori di plastica e di imballaggi in plastica per adempiere all’obbligo di farsi carico dell’avvio a riciclo degli imballaggi immessi nel mercato. COREPLA svolge tale funzione pagando un corrispettivo proporzionato ai volumi di imballaggi immessi sul mercato, da un lato, all’operatore materiale della raccolta dei rifiuti (in forza di contratti stipulati nell’ambito di un accordo-quadro tra l’Associazione Nazionale del Comuni Nazionali (ANCI) e il CONAI); e, dall’altro, ai centri di selezione (CSS) competenti per ciascuna zona (in forza di accordi specifici con ciascuno di essi). Attualmente, COREPLA è l’unico soggetto autorizzato definitivamente a svolgere tali funzioni relativamente alla filiera della plastica.

Per lo svolgimento delle medesime funzioni autonomamente rispetto al sistema COREPLA/CONAI, le primarie imprese di imbottigliamento dell’acqua minerale e altri produttori di contenitori in PET hanno costituito un consorzio autonomo di diritto privato, CORIPET, autorizzato nell’aprile 2018 in via provvisoria, subordinatamente al raggiungimento di alcuni obiettivi di riciclaggio. Secondo l’AGCM, CORIPET sarebbe stato ostacolato da diverse condotte messe in atto da COREPLA, tra cui la pretesa di proseguire nella gestione anche dei rifiuti imputabili ai soci di CORIPET in forza, tra l’altro, di clausole di esclusiva in forza nei rapporti tra COREPLA, da un lato, e – a seconda dei casi – ANCI o i CSS, fino alla vendita all’asta dei materiali in PET di competenza di CORIPET.

L’AGCM ha rilevato sotto il profilo del fumus bonis iuris che dette condotte si potrebbero spiegare solo con l’intento di escludere CORIPET dal mercato in discorso; e, peraltro, sotto il profilo del periculum in mora, l’AGCM ha ritenuto che le risultanti difficoltà nello svolgimento delle funzioni del consorzio autonomo potrebbero risultare nell’impossibilità da parte di quest’ultimo di raggiungere gli obiettivi necessari per l’ottenimento dell’autorizzazione permanente, così escludendolo dal mercato e potenzialmente dissuadendo ulteriori tentativi in futuro.

Per scongiurare tale pericolo, l’AGCM ha imposto a COREPLA, inter alia, di modificare i contratti stipulati con ANCI e con i CSS con una formulazione che permetta a questi ultimi di riconoscere a CORIPET le quote di materiali riciclabili di competenza di quest’ultimo, e di prestare piena collaborazione al fine di raggiungere un accordo con CORIPET.

Il provvedimento dovrebbe avere un impatto sulle possibilità per CORIPET di raggiungere i propri obiettivi, e sarà interessante osservare se ciò stimolerà ulteriori tentativi di ingresso nel settore dell’economia circolare da parte di consorzi indipendenti.

Riccardo Fadiga
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Legal News/Autorità nazionali della concorrenza e algoritmi – L’Autorité de la concurrence e il Bundeskartellamt analizzano in un report congiunto le nuove sfide dell’antitrust nell’era delle “intese 4.0”

Lo scorso 6 novembre, l’Autorité de la concurrence e il Bundeskartellamt (le Autorità) hanno pubblicato uno studio congiunto (il Report) sul possibile impatto che l’utilizzo di algoritmi può avere sul coordinamento tra imprese.

Nel documento in commento, le Autorità – pur non mancano di evidenziare la natura ambivalente degli effetti degli algoritmi sulla concorrenza – cercano di dare un volto a quelle che potrebbero essere le pratiche collusive attuabili tramite tali strumenti individuando tre scenari.

Il primo riguarda l’utilizzo dei cosiddetti pricing algorithms per monitorare una strategia collusiva già in essere. In questo caso, l’algoritmo può diventare uno strumento per facilitare la collusione. In tale scenario, infatti, gli algoritmi vengono utilizzati perlopiù per monitorare, a livello orizzontale, l’effettiva applicazione dei prezzi concordati tra co-cartellisti o, a livello verticale, l’applicazione da parte dei propri distributori di prezzi minimi ovvero di prezzi solo in teoria “raccomandati”. L’uso degli algoritmi permette, così, di rilevare in tempo reale eventuali “deviazioni” ed eventualmente reagire programmando azioni ritorsive. L’uso dell’algoritmo nello scenario in questione non solleva particolari problematiche concorrenziali, dal momento che, essendoci già un contatto “umano” a priori, può essere stabilita – a prescindere dall’uso dell’algoritmo – la presenza di un accordo o pratica concordata ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

Nel secondo scenario, una parte terza (e.g. un consulente esterno o uno sviluppatore di software) fornisce lo stesso algoritmo o algoritmi in qualche modo coordinati ad imprese tra di esse concorrenti. La peculiarità di tali situazioni è che non c’è nessuna comunicazione o contatto diretto tra le imprese. Un certo grado di allineamento, tuttavia, può derivare dall’utilizzo di un algoritmo messo a disposizione dalla  parte terza in parola. Sulla base della seppur scarna giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, il Report in commento ritiene che ciò che rileva ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE è la consapevolezza da parte delle imprese circa la condotta anticoncorrenziale ascrivibile al soggetto terzo.

L’ultimo scenario, infine, riguarda l’uso di algoritmi progettati in maniera unilaterale senza alcun precedente “contatto umano”. In questi particolari casi, l’interazione dei computer derivante dall’utilizzo di pricing algorithms da parte di alcune o addirittura di tutte le imprese concorrenti potrebbe comportare un allineamento dei comportamenti sul mercato. In relazione a questa “algorithmic communication”, il Report evidenza come, alla luce dell’attuale casistica, sia ancora troppo presto per capire con chiarezza quali interazioni potrebbero rilevare ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE.

Il Report rappresenta l’ultimo intervento di un acceso dibattito, a livello europeo  e nazionale, sviluppatosi negli ultimi anni in merito al ruolo di tali strumenti, soprattutto nell’ambito dei mercati online. Già l’indagine conoscitiva conclusa dalla Commissione europea sull’e-commerce nel 2017 aveva rilevato che la maggior parte delle imprese monitora online i prezzi attuati dai propri concorrenti (molte delle quali lo fa tramite software automatizzati), oppure che le imprese impiegano algoritmi per i fini più vari, tra cui ordinare i risultati di ricerca online, per raccomandare un determinato prodotto/prezzo o per attuare tariffe dinamiche (c.d. dynamic pricing). La frequenza di tali situazioni (e non solo) continua ad aumentare, rendendo le criticità antitrust insite all’utilizzazione di algoritmi sempre più attuali e allertando sempre più la Commissione europea e le autorità antitrust nazionali.

Posto quanto sopra, le Autorità ritengono che, almeno per ora, l’attuale formulazione dell’articolo 101 TFUE sia ancora in grado di far fronte a qualsiasi potenziale preoccupazione concorrenziale derivante dall’uso di algoritmi. Nonostante ciò, l'evoluzione degli algoritmi non deve essere trascurata in quanto non è possibile escludere che i futuri sviluppi delle tecnologie in questo campo non rendano necessario una revisione dell’attuale formulazione  dell’articolo 101 TFUE e delle corrispondenti norme nazionali al fine di garantire la repressione delle intese di c.d. “nuova generazione”.

Filomena Crispino
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