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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza Italia / Abuso di posizione dominante e settore dei trasporti ferroviari – L’AGCM ha aperto un procedimento contro Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e Trenitalia S.p.A. per l’accertamento di una condotta di abuso di posizione dominante nell’ambito dell’affidamento diretto dei servizi ferroviari regionali e locali a Trenitalia da parte della Regione Veneto

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deciso di aprire un procedimento istruttorio nei confronti di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. (FS), Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI) e Trenitalia S.p.A. (Trenitalia), per valutare la sussistenza di un abuso di posizione dominante nel mercato del servizio ferroviario regionale e locale del Veneto. La condotta sarebbe avvenuta in relazione alla procedura di affidamento diretto dei servizi in oggetto a Trenitalia da parte dell’Amministrazione regionale, disposta con delibera dell’11 gennaio 2018, la quale sarebbe avvenuta in violazione della normativa comunitaria e nazionale che impone la totale indipendenza del gestore dell’infrastruttura rispetto alle imprese che svolgono servizi di trasporto ferroviario.

Per quanto qui rileva, i rapporti tra Trenitalia e la Regione Veneto si basavano sulla Convenzione del 2010 avente ad oggetto il contratto per l’affidamento e la fornitura del servizio di trasporto ferroviario regionale e locale per il periodo 2009 – 2014, rinnovabile per ulteriori 6 anni. Con nota del dicembre 2013 tuttavia, la Regione si attivava per disdire il contratto dopo i primi 6 anni, indicando successivamente l’intenzione di svolgere una gara d’appalto aperta per l’affidamento dei servizi svolti, fino ad allora, da Trenitalia. Al fine di completare la procedura competitiva, le parti hanno prima sottoscritto una proroga del servizio di un anno, fino al 2015, e proposto poi un’ulteriore proroga-ponte fino al 2020. Tuttavia, a seguito di un tavolo negoziale apertosi tra la Regione e il gruppo FS, le parti hanno deciso di modificare l’atto di proroga per estenderla fino al 2023, a seguito di promesse di investimenti da parte di Trenitalia (sulla flotta) e di RFI (sull’infrastruttura ferroviaria). Il 30 dicembre 2016 poi, la Regione Veneto, fino a quel momento intenzionata ad affidare il servizio con gara, ha pubblicato una pre-informativa relativa all’intenzione di affidare in via diretta i servizi ferroviari a Trenitalia, con l’eccezione di poche tratte, per 15 anni (10+5), affidamento deliberato infine l’11 gennaio 2018.

L’AGCM ha rilevato una possibile condotta posta in essere dalla holding FS e dalle sue controllate al 100% Trenitalia e RFI, con cui le società avrebbero sfruttato indebitamente il monopolio legale detenuto da RFI sul mercato della gestione dell’infrastruttura ferroviaria al fine di preservare la posizione di dominanza detenuta da Trenitalia sul mercato della fornitura di servizi ferroviari regionali in Veneto. Da una serie di documenti ufficiali è risultato che nell’ambito della negoziazione apertasi tra FS e la Regione, la prima abbia promesso investimenti di RFI nelle linee ferroviarie venete subordinatamente ad un rinnovamento del contratto di servizio con Trenitalia, oltre alla promessa di ulteriori investimenti da parte di quest’ultima sulle vetture ferroviarie. La subordinazione degli investimenti sulla rete e sulla flotta all’affidamento diretto a Trenitalia sarebbe frutto di accordi espliciti tra i vertici del gruppo FS e i rappresentanti dell’Amministrazione, documentati in atti ufficiali della Regione. Il quadro che emerge è quello secondo cui FS ha potuto far leva sulla promessa di nuovi investimenti infrastrutturali da parte di RFI, oltre che investimenti su nuovi treni da parte di Trenitalia, al fine di convincere la Regione Veneto a non bandire la gara.

Dalle valutazioni dell’AGCM risulta dunque una precisa strategia di gruppo volta a legare inscindibilmente l’investimento di RFI nell’elettrificazione delle linee, l’investimento di Trenitalia in nuovo materiale rotabile e l’affidamento diretto del servizio ferroviario a Trenitalia stessa. Tale “strategia legante” appare porsi inoltre in contrasto con la normativa comunitaria e nazionale in tema di indipendenza e imparzialità del gestore dell’infrastruttura rispetto ai fornitori di servizi sull’infrastruttura stessa. Di conseguenza, l’AGCM ha deliberato l’avvio di un’istruttoria per accertare l’esistenza di violazioni dell’art. 102 del TFUE.

Leonardo Stiz
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Intese e Costituzione – L’AGCM afferma di svolgere una funzione analoga a quella di un giudice e solleva una questione di legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale

Con ordinanza pubblicata nel Bollettino n. 17 del 7 maggio scorso (l’Ordinanza), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o Autorità) ha sollevato direttamente, per la prima volta dalla sua costituzione, un’eccezione di legittimità costituzionale davanti alla Corte Costituzionale per l’asserita illegittimità di una disposizione della Legge notarile. L’Ordinanza si inserisce all’interno di un procedimento istruttorio, ora sospeso, nei confronti del Consiglio Notarile di Milano (CNM) volto ad accertare la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’art. 2 della l. 287/1990 (il Procedimento).

Nonostante il tema più interessante (e discutibile) dell’Ordinanza riguardi l’effettiva legittimità dell’AGCM a sollevare una questione di legittimità costituzionale, per comprendere appieno la vicenda è necessario brevemente delineare i fatti alla base del Procedimento.

Nel gennaio 2017, l’AGCM aveva avviato un’istruttoria per un’asserita intesa del CNM realizzata attraverso: (i) la richiesta a tutti i notai del distretto di dati concorrenzialmente sensibili (al fine di far emergere le posizioni di preminenza economica); (ii) iniziative disciplinari nei confronti dei notai del distretto maggiormente produttivi ed economicamente performanti, accompagnate da attività segnaletica volta a dare risalto a tali iniziative. Secondo l’AGCM, l’obiettivo del CNM era quello di inibire ai notai del distretto l’acquisizione di elevate quantità di lavoro – ricorrendo alla leva prezzo e/o a modalità innovative di offerta -  al fine di riportare le posizioni economiche dei singoli notai in linea con la media del distretto. Nella Comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI), l’AGCM aveva innanzitutto sottolineato come l’oggetto di istruttoria non fosse l’iniziativa di genuina vigilanza del CNM, volta a tutelare l’utenza e la fede pubblica nell’esercizio delle funzioni di controllo dell’operato dei notai, bensì quei comportamenti che si ponevano in contrasto con la normativa antitrust.

Proprio a ridosso della CRI (febbraio 2018), è entrato in vigore il nuovo articolo 93-ter della legge Notarile, ai sensi del quale “Agli atti funzionali al promovimento del procedimento disciplinare si applica l’art. 8, comma 2 della legge 287/1990”. Quest’ultimo, come noto, prevede che le disposizioni in materia di, tra gli altri, divieto di intese tra concorrenti “…non si applicano alle imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse generale […], per tutto quanto strettamente connesso all’adempimento degli specifici compiti loro affidati…”.

L’AGCM nella CRI rilevava che, da un lato, la norma è sopravvenuta e non sarebbe applicabile ratione temporis alla condotte oggetto di accertamento e che, in ogni caso, la norma dovrebbe essere necessariamente interpretata in senso costituzionalmente e comunitariamente orientato (quindi in maniera conforme alle norme e ai principi comunitari in materia di concorrenza). Pertanto, la limitazione delle norme antitrust alle condotte di imprese incaricate di un servizio di interesse economico generale può avvenire “…solo in via eccezionale e una volta superato il test di proporzionalità…”. Di conseguenza, la norma in questione non può essere interpretata in modo tale da “…sottrarre in via generale e astratta un intero segmento di attività dall’ambito di applicazione delle norme antitrust…”. Al contrario, secondo il CNM, l’esercizio del potere-dovere di vigilanza disciplinare è funzione pubblicistica sottratta all’applicazione della normativa antitrust e al sindacato dell’AGCM. A sostegno di ciò, il CNM citava un’ordinanza della Corte di Appello di Milano dell’aprile 2018 che affermava come le norme antitrust “…devono ritenersi inapplicabili agli organi del consiglio notarile che, quando esercitano la funzione disciplinare, non regolano l’attività economica svolta dai notai […] ma con prerogative tipiche dei pubblici poteri adempiono […] a una funzione sociale…”. Tuttavia, secondo l’AGCM, un’interpretazione in tal senso sarebbe in contrato con le norme del diritto UE (art. 101 e 106) e, oltre che suscettibile di essere disapplicata dall’AGCM stessa, presenterebbe profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’art. 117 Cost.

Tanto premesso, l’AGCM nell’Ordinanza illustra le ragioni della propria (asserita) legittimazione a sollevare questione di legittimità in via incidentale. Infatti, come noto, tale questione può essere formulata esclusivamente da un “giudice” nell’ambito di un “giudizio”. L’AGCM dapprima premette che tali requisiti debbano intendersi in maniera estensiva, dato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, vi sarebbe, tra le altre cose, “…esigenza di ammettere al sindacato della Corte costituzionale leggi che […] più difficilmente verrebbero, per altra via, sottoposte…”.

L’AGCM elenca poi una serie di elementi che dovrebbero far concludere che l’Autorità possa essere considerata un “giudice”. Innanzitutto, data la composizione dell’Autorità (o meglio, del suo Collegio) e le relative procedure di nomina (i componenti sono nominati dai Presidenti delle Camere, la durata del mandato settennale non rinnovabile, il regime di incompatibilità), renderebbero l’AGCM indipendente e neutrale, fuori così da qualsiasi influenza di natura politica.

Inoltre, l’AGCM, quale autorità amministrativa indipendente rientrante tra le autorità di garanzia, svolgerebbe “…funzioni analoghe a quelle giurisdizionali…”, che consisterebbero nella riconduzione di atti e fatti nell’ambito delle fattispecie astratte previste dalla legge antitrust, “…con esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico…”. A sostegno di tale (asserito) carattere giurisdizionale, l’AGCM include anche l’ampio spazio che nei procedimenti antitrust viene dato ai principi del contraddittorio e della parità delle armi, entrambi principi di chiara derivazione processuale. Inoltre, l’AGCM cita altresì il fatto che viene riconosciuto all’interno del procedimento anche il contraddittorio orale (la c.d. audizione), che vi sia un esteso accesso ai documenti e al fascicolo dell’ “accusa” (ossia il fascicolo istruttorio) e che gli uffici istruttori dell’AGCM comunicano, tramite l’invio della CRI, alle imprese coinvolte (la “difesa”) tutte le prove a carico e a discarico.

Infine, l’AGCM evidenzia l’ “…adeguata separazione tra gli uffici che svolgono l’attività istruttoria e di formulazione delle contestazioni e l’organo competente ad assumere le decisioni (il Collegio)…”, indicando come, se da un lato spetta agli uffici istruttori condurre le indagini, è unicamente il Collegio a decidere sull’esistenza di un illecito e sull’irrogazione di eventuali sanzioni, senza essere vincolato dalla proposta degli uffici.

Per tali ragioni, secondo l’AGCM, “…la funzione esercitata dall’Autorità in sede di applicazione della legge 287/1990 presenta i connotati necessari per essere assimilata ad una funzione giurisdizionale, traducendosi in un’attività  volta esclusivamente a garantire, in una posizione di neutralità e di imparzialità, la riconducibilità delle condotte delle imprese nell’ambito della legge, al solo fine di tutelare un diritto oggettivo (quello della concorrenza) avente rilevanza generale…”.

Quale ulteriore elemento a sostegno della propria tesi, l’AGCM ha indicato la circostanza secondo cui,  qualora il Collegio non dovesse essere ritenuto legittimato a sollevare la questione di costituzionalità, alcune leggi, come quella oggetto del Procedimento, verrebbero escluse dal possibile sindacato della Corte.

In conclusione, l’Ordinanza in commento darà l’opportunità alla Corte Costituzionale di definire l’effettivo ruolo (e funzione) dell’AGCM e di potersi esprimere sulla rilevanza che i requisiti di indipendenza e terzietà, natura della sua attività, rispetto del pieno contraddittorio e separazione fra uffici e Collegio possono effettivamente rivestire al riguardo.

Jacopo Pelucchi
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Restrizioni verticali e settore del riscaldamento – L’AGCM accetta gli impegni presentati dal gruppo MCZ e chiude il procedimento istruttorio sulle restrizioni verticali alle vendite online di stufe

Con il provvedimento del 18 aprile scorso, pubblicato nel Bollettino della scorsa settimana, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato di accettare gli impegni proposti da Cadel S.r.l. (Cadel) e dalle società controllanti MCZ Group (MCZ) e Zanette Group (Zanette) (collettivamente, le Parti), attive nel settore del riscaldamento a biomassa, concludendo, senza l’accertamento di un’infrazione, il procedimento istruttorio avviato nel maggio 2017 per un asserita violazione dell’art. 101 TFUE rappresentata da alcune restrizioni presenti nei contratti con la propria rete distributiva attiva online.

Più nello specifico, nel provvedimento di avvio del procedimento in commento (commentato in questa Newsletter), l’AGCM aveva contestato a Cadel (e successivamente alle controllanti MCZ e Zanette, estendendo soggettivamente il procedimento nei loro confronti) una serie di condotte restrittive poste in essere nei confronti dei propri rivenditori operanti online e consistenti: (i) nell’imposizione di prezzi minimi di vendita, ossia di prezzi di listino con l’indicazione di uno sconto massimo applicabile; (ii) nel divieto di consegna al di fuori del territorio italiano dei prodotti venduti online; e (iii) nei limiti posti alla validità della garanzia per i prodotti venduti all’estero, avendo le Parti imposto la condizione secondo la quale la garanzia convenzionale sarebbe venuta meno laddove il prodotto non fosse stato installato da un tecnico autorizzato dalla casa madre. Secondo l’AGCM, tali condotte sarebbero risultate idonee a restringere la concorrenza tra i distributori sul prezzo e a limitare ingiustificatamente al solo territorio nazionale le vendite effettuate sul canale online, ostacolando in tal modo lo sviluppo concorrenziale di tale canale distributivo.

Con la decisione in commento l’AGCM ha deliberato di accettare, rendendoli vincolanti, gli impegni proposti dalle Parti, e consistenti:

(i)     nel non fissare in alcun modo, né direttamente né indirettamente, le politiche di prezzo praticate dai rivenditori anche se operanti nel canale online, impegnandosi altresì le Parti ad astenersi dall’effettuare anche semplici raccomandazioni di prezzi di rivendita ai propri distributori per un periodo di due anni;

(ii)     nel non comprimere le modalità di promozione dei propri prodotti su internet da parte dei rivenditori, che saranno quindi liberi di promuovere e commercializzare i prodotti delle Parti anche al di fuori del territorio nazionale e su piattaforme telematiche (ad es. ebay);

(ii)     nella modifica delle condizioni relative all’applicazione della garanzia convenzionale nel caso di prodotti acquistati all’estero, avendo le Parti deciso di vincolare la validità di tale clausola all’avvenuta installazione del prodotto da un tecnico abilitato, ossia in possesso dei prescritti requisiti ai sensi della normativa vigente.

Tali modiche alle condizioni commerciali in essere tra le Parti e i propri rivenditori operanti online, che, una volta implementate, avranno una durata di tempo illimitata (salvo quanto indicato al punto (i)), sono state tuttavia subordinate dalle Parti al rispetto della sicurezza dei consumatori e della tutela dei marchi del gruppo. Più nello specifico, le Parti si sono impegnate ad inviare una comunicazione informativa ai propri rivenditori, chiarendo che gli stessi sono pienamente liberi di determinare le proprie politiche di prezzo e di promuovere e vendere i prodotti delle Parti anche al di fuori del territorio nazionale, salvo l’onere per i rivenditori di adempiere a taluni obblighi informativi nei confronti dei consumatori, consistenti nell’inserimento sui propri siti delle informazioni relative alle modalità di installazione dei prodotti del Gruppo MCZ che deve essere effettuata “a regola d’arte” e da parte di tecnici abilitati ai sensi della normativa vigente. La violazione di tali obblighi da parte dei rivenditori, che sono finalizzati a garantire la sicurezza dei consumatori, si risolverà nel diritto delle Parti di intervenire a modificare le modalità di promozionali e di vendita online dei propri prodotti.

L’AGCM ha valutato con favore gli impegni proposti dalle Parti, ritenendoli idonei a rimuovere le criticità concorrenziali ipotizzate nel corso del procedimento, e concludendo l’istruttoria senza l’accertamento di alcuna infrazione. Secondo l’AGCM, la libertà di promozione e vendita online dei prodotti, garantita dalle Parti con gli impegni proposti, è “…di particolare importanza al fine di garantire lo sviluppo pro-competitivo del canale vendita online, che si caratterizza proprio per la possibilità di raggiungere un’ampia platea di consumatori ance al di fuori del territorio nazionale…”.

Martina Bischetti