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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Cartelli e settore degli arredi sanitari per bagni - Il Tribunale dell’Unione europea si è pronunciato nuovamente in merito ai criteri per la prova della partecipazione all’intesa

Con il provvedimento del 23 giugno 2010, la Commissione europea (Commissione) ha sanzionato diverse società per aver posto in essere, dal 1992 al 2004, un’intesa in violazione dell’articolo 101 TFUE nel settore della manifattura di arredi sanitari per bagni, nei territori di Belgio, Germania, Francia, Italia, Olanda e Austria. Secondo la Commissione, le imprese avevano intrapreso un coordinamento finalizzato ad aumenti annuali e omogenei del prezzo, anche in occasione di particolari eventi (quali l’introduzione dell’Euro). Lo scambio di informazioni e il coordinamento sarebbero avvenuti principalmente presso le sedi delle associazioni nazionali di categoria.

A seguito del provvedimento sanzionatorio, nel 2013, le imprese avevano proposto ricorso davanti al Tribunale dell’Unione Europea (Tribunale), il quale aveva annullato il provvedimento in alcuni suoi punti tra cui, per quanto qui rileva,  in relazione all’erronea valutazione da parte della Commissione degli elementi di prova a sostegno della partecipazione di alcune imprese all’intesa in Francia. A seguito di appello da parte della Commissione, la Corte di Giustizia dell’UE (Corte) ha però accolto le istanze della Commissione e ha annullato con rinvio al Tribunale, il quale si è pronunciato nuovamente con la sentenza in oggetto, procedendo a rivalutare il materiale probatorio relativo al coinvolgimento delle imprese in Francia.

Gli elementi di prova controversi raccolti dalla Commissione e oggetto dell’analisi consistevano essenzialmente nelle affermazioni di Ideal Standard (IS), l’impresa che aveva presentato una domanda di leniency, relative ad un incontro tenutosi nel febbraio 2004 presso l’associazione di categoria francese AFICS, dove alcune imprese si sarebbero scambiate informazioni sensibili e avrebbero posto in essere il coordinamento. Secondo la decisione della Commissione, le affermazioni di IS sarebbero state supportate (i) da un grafico scritto da un rappresentante di IS durante il suddetto incontro, (ii) dalle statistiche pubblicate da AFICS nei mesi successivi al presunto incontro, relative ai prezzi e i volumi del settore; e, infine, (iii) dalle affermazioni di un’altra società (il gruppo Roca) che aveva anch’essa presentato domanda di leniency.

Il Tribunale, nella sua prima pronuncia, aveva escluso la rilevanza probatoria degli elementi a sostegno di quanto dichiarato da IS circa l’incontro del febbraio 2004 presso AFICS. In particolare, secondo il Tribunale, il documento scritto era inidoneo poiché non datato, senza alcun riferimento all’incontro e senza alcuna menzione di concorrenti o di discussioni avvenute con essi. Inoltre, anche le statistiche di AFICS sarebbero state inidonee a corroborare le affermazioni di IS, così come quanto avanzato dal gruppo Roca, poiché non conteneva alcun riferimento all’incontro in oggetto. Tuttavia, a seguito di quanto disposto dalla Corte, il Tribunale ha riesaminato il materiale probatorio a supporto delle affermazioni di IS all’interno di un quadro più generale, non tanto alla luce di specifici riferimenti all’incontro del febbraio 2004, quanto piuttosto della loro idoneità a rendere credibile l’esistenza di un coordinamento sui prezzi a partire dal febbraio 2004 per il periodo successivo.

Sotto questo punto di vista, il Tribunale ha quindi rilevato che le affermazioni pronunciate da Roca durante la procedura di leniency, anche se non fanno riferimento all’incontro, confermano, in generale, come negli anni in questione i produttori del settore avessero regolarmente discusso aumenti di prezzo e come, in particolare, tali discussioni siano avvenute anche in quel periodo tra i membri di AFICS, sfociate poi nella decisione di aumentare i prezzi de 3% per alcuni prodotti, in coincidenza con quanto affermato da IS. Sebbene parzialmente generiche, secondo il Tribunale le affermazioni di Roca non solo non contraddicevano ma anzi confermavano quelle di IS sotto diversi aspetti.

In secondo luogo, il Tribunale ha riconosciuto che le statistiche di AFICS non potevano essere circolate senza un previo e regolare scambio di dati commerciali sensibili, così da rendere le imprese informate circa i volumi, le quote di mercato e l’andamento dei prezzi dei concorrenti. Le statistiche infatti contenevano dati sia per ciascun membro, sia in forma aggregata per tutti i membri, relativi ai mesi di luglio e agosto 2004, nonché cumulativi per tutto l’anno, riguardanti i volumi di produzione e di consegna sul mercato francese, i prezzi e la loro evoluzione, con riferimento a due particolari gruppi di prodotti. Con riguardo al documento scritto di IS, il Tribunale ha peraltro confermato la sua scarsa valenza probatoria preso nella sua singolarità. Tuttavia, alla luce di quanto affermato da IS durante la leniency, corroborato da Roca, dall’andamento del mercato e dalle statistiche circolate da AFICS, secondo la rivalutazione operata dal Tribunale, risulterebbe credibile che tale documento si riferisca all’incontro del febbraio 2004 in cui sarebbe avvenuto lo scambio di informazioni contestato.

Il Tribunale, in conclusione, ha rilevato che le prove a supporto della decisione della Commissione, se esaminate nel loro complesso, erano idonee a dimostrare la sussistenza dei fatti oggetto di controversia. Per tale motivo, il Tribunale ha dunque rigettato i ricorsi delle società e ha, contrariamente alla precedente sentenza del 2013, confermato il provvedimento sanzionatorio della Commissione.

Leonardo Stiz
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Private Enforcement e linee di policy – La Commissione UE lancia una consultazione sulla bozza di linee guida indirizzate ai giudici nazionali per la stima del passing-on

Lo scorso 5 giugno la Commissione europea (Commissione) ha reso noto di aver lanciato una consultazione sulla bozza di linee guida volte a fornire un supporto ai giudici nazionali nella stima della parte di sovrapprezzo, eventualmente determinato da un’intesa restrittiva della concorrenza, che viene traslato agli acquirenti indiretti ed ai consumatori finali (Linee Guida). Tale iniziativa fa riferimento alla previsione contenuta nella Direttiva sui Danni Antitrust (Direttiva 104/2014/UE, implementata in Italia con il D.lgs n. 3/2017) che aveva previsto che la Commissione emanasse orientamenti non vincolanti per aiutare i giudici nazionali a stimare il così detto passing-on. La Commissione ha invitato i soggetti interessati a presentare le proprie osservazioni entro il 4 ottobre 2018.

Lo scopo delle Linee Guida è quello di fornire supporto sotto il profilo giuridico ed economico alle corti nazionali ed ai soggetti coinvolti in un’azione di risarcimento danni antitrust. La bozza, a tal proposito, (i) descrive gli strumenti procedurali a disposizione delle corti nazionali per valutare l’esistenza di un sovrapprezzo trasferito ai clienti indiretti, nonché (ii) fornisce una panoramica sui metodi e tecniche economiche più comunemente utilizzate per quantificare il c.d. passing-on, soffermandosi anche sugli elementi di prova di cui potrebbero necessitare i giudici per svolgere la propria valutazione e su alcune criticità delle metodologie illustrate, fornendo alcuni esempi pratici.

In primo luogo la bozza di Linee Guida fornisce una panoramica su alcuni principi giuridici che devono in ogni caso orientare i giudici nazionali nella quantificazione di un eventuale danno antitrust causato da un’intesa anticoncorrenziale: quello della “piena compensazione” del danno sofferto, escludendo tuttavia ingiustificati arricchimenti; quello dell’equivalenza ed effettività, per evitare che venga rigettata un’eccezione di passing-on esclusivamente per il fatto che la parte non è stata in grado di quantificare esattamente i suoi effetti; nonché quello di proporzionalità, atto a limitare le evidenze di cui si chiede l’esibizione da una delle parti in causa per soddisfare l’onere della prova. Sotto tale profilo, la Commissione ricorda che i giudici nazionali dovrebbero ponderare i costi e benefici di un ordine di esibizione e garantire la tutela della riservatezza delle informazioni sensibili, adottando apposite tutele.

Proseguendo, nel documento in esame la Commissione illustra alcuni elementi della teoria economica utili per stimare l’esistenza e l’ammontare di un eventuale passing-on e dell’eventuale connesso effetto di riduzione dei volumi venduti. In particolare, si sofferma sui principali fattori che dovrebbero essere presi in considerazione, ossia la natura degli elementi di costo che sono stati interessati da un’eventuale sovrapprezzo, la natura/struttura della domanda (ed in particolare in che relazione si pone la domanda rispetto al livello di prezzo), le dinamiche e l’intensità delle interazioni concorrenziali tra gli operatori attivi nel mercato rilevate ed i loro relativi clienti, nonché le caratteristiche della clientela, il potere contrattuale dal lato della domanda, il livello di integrazione verticale, le modalità e tempistiche di formazione del prezzo ai vari livelli della catena di produzione/distribuzione e la composizione (in percentuale) dei costi sopportati da un’impresa ed interessati per via dell’eventuale sovrapprezzo.

Da qui, la Commissione poi fornisce una panoramica delle metodologie più comunemente utilizzate per la quantificazione del passing-on ed il relativo effetto sui prezzi e sui volumi di vendita, illustrando per ciascuno come le diverse tecniche varino per complessità e tipologia/quantità dei dati da utilizzare (e dei costi, anche considerevoli, che potrebbero richiedersi per svolgere simili analisi). Quanto alle tipologie di prova, viene sottolineato il fatto che si rende comunque necessaria una buona conoscenza dell’industria e delle caratteristiche economiche del settore analizzato, per cui potrebbero risultare utili anche precedenti decisioni dei giudici adottate nel medesimo settore, procedimenti pendenti in parallelo ovvero studi di mercato e decisioni delle autorità di concorrenza che descrivono le dinamiche di mercato. Inoltre, per ciascun metodo controfattuale descritto, si evidenzia che dovrebbero essere apportati dei correttivi che riflettano le specificità del caso di specie per evitare sovrastime ovvero sottostime del passing-on sulla base dei dati/informazioni disponibili.

Il documento in commento concerne in primo piano il passing-on, uno dei temi di maggior interesse e dibattito non solo a livello teorico ma anche pratico e su cui spesso si “danno battaglia” i soggetti coinvolti in azioni di risarcimento per danni asseritamente derivati da un’intesa anticoncorrenziale. Il documento, pur non vincolante per i giudici nazionali, potrebbe comunque fornire importanti spunti di riflessione, indicazioni sotto il profilo economico oltre che giuridico/procedurale, nonché esempi di buone pratiche alle corti che devono pronunciarsi in simili fattispecie. Messaggio di fondo per le corti nazionali sembra essere quello di prendere atto dell’alto grado di complessità e tecnicismo delle analisi economiche richieste, dell’ingente quantitativo di dati e documentazione interna da raccogliere e delle valutazioni specifiche da compiersi sulla base delle caratteristiche del mercato e delle politiche di prezzo dei soggetti interessati.

Non resta che seguire da vicino quali saranno le osservazioni dei soggetti interessati alla consultazione e come queste verranno o meno recepite dalla Commissione nel documento.

Cecilia Carli
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Diritto della concorrenza Italia / Calcolo della sanzione e parental liability – Il TAR “bacchetta” nuovamente l’AGCM per aver quantificato la sanzione antitrust sulla base del fatturato consolidato dell’impresa senza analizzare se le società attratte nell’area del consolidamento siano effettivamente assoggettate al controllo in senso antitrust

Con una innovativa sentenza pubblicata lo scorso 2 luglio, il Tar del Lazio (TAR) ha affermato un importante principio in materia di quantificazione delle sanzioni antitrust da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Il TAR ha ritenuto che, in ossequio al principio dell’unica entità economica cui imputare la condotta anticoncorrenziale, occorre prendere a riferimento i soli fatturati delle imprese effettivamente assoggettate ad un controllo in senso antitrust da parte della società da sanzionare. E tale principio deve valere “…per il calcolo della sanzione in tutte le sue declinazioni…”, vale a dire sia ai fini del calcolo del c.d. fatturato specifico (il valore delle vendite “rilevanti”, ossia quelle realizzate nel mercato oggetto dell’infrazione, funzionale all’individuazione dell’importo base della sanzione), sia per l’individuazione del limite edittale massimo del 10% del fatturato complessivo dell’impresa ai sensi dell’art. 15 L 287/1990.

Tale principio è stato affermato dal TAR in accoglimento del ricorso in ottemperanza proposto da Supermatic S.p.A. (Supermatic), avverso il provvedimento con il quale l’AGCM aveva rideterminato la sanzione in ottemperanza al precedente giudicato del TAR, che nel 2017 aveva annullato parzialmente la decisione dell’AGCM di sanzionare una serie di società, tra cui Supermatic, per aver posto in essere un’intesa anticoncorrenziale nel settore del vending (commentata in questa Newsletter). L’AGCM aveva originariamente irrogato a Supermatic una sanzione di circa 6 milioni di euro, successivamente annullata dal TAR in considerazione del fatto che, richiamando il concetto della parental liability, l’AGCM avrebbe erroneamente considerato, ai fini del calcolo della sanzione, anche il fatturato realizzato da una serie di società nelle quali Supermatic deteneva sì una partecipazione di maggioranza (51% del capitale sociale e, nel caso di Roma Distribuzione 2003 Srl, addirittura l’80% del capitale) ma senza verificare l’effettiva presenza di un controllo in senso antitrust di Supermatic su tali società (anche tenuto conto della partecipazione non totalitaria nelle medesime), e senza individuare indici rivelatori del fatto che Supermatic avesse effettivamente determinato il comportamento di queste ultime. Secondo il TAR, il criterio dell’imputabilità “presuntiva”, impiegato in via generale dall’AGCM avrebbe potuto invece valere nei soli confronti della società Caffeus Srl (Caffeus), in quanto controllata al 100% da Supermatic.

Il TAR aveva quindi ordinato all’AGCM di rideterminare la sanzione da irrogare nei confronti di Supermatic, nel rispetto delle indicazioni così impartite e, in particolare, considerando “…quale base di calcolo per l’applicazione della sanzione la somma dei fatturati delle sole società Supermatic e Caffeus…”.

L’AGCM procedeva pertanto alla rideterminazione della sanzione in ottemperanza al giudicato del TAR, risolvendo tuttavia di limitare la rilevanza dei due fatturati delle sole società Supermatic e Caffeus ai fini del calcolo del fatturato specifico (c.d. “vendite rilevanti”) a partire dal quale calcolare la sanzione, e prendendo invece il fatturato consolidato realizzato dall’intero gruppo facente capo a Supermatic quale base di calcolo per l’applicazione della soglia massima del 10% ex art. 15 L 287/1190. In tal modo, l’ammontare della sanzione così nuovamente calcolata era risultato analogo a quella precedente già annullata dal TAR.

Con la sentenza in commento il TAR ha censurato l’operato dell’AGCM, ritenendola in “…contrast[o] sia sotto il profilo letterale sia sul piano logico con le indicazioni date nella pronuncia…” precedente. Secondo il TAR “…la somma dei due fatturati [quello di Supermatic e quello di Caffeus] viene considerata l’espressione della “entità economicacui imputare la condotta e, quindi, del perimetro soggettivo entro cui muoversi ai fini della commisurazione della sanzione. Non può, quindi, dubitarsi che tale somma costituiva il punto di riferimento per il calcolo della sanzione in tutte le sue declinazioni, ivi compresa l’individuazione del tetto massimo di cui all’art. 15 della l. n. 287/1990…”. Il TAR ha quindi ordinato all’AGCM di rideterminare nuovamente l’importo della sanzione da comminare a Supermatic, nel rispetto delle ulteriori indicazioni fornite dal giudice amministrativo sul punto.

La pronuncia in commento (soprattutto se confermata dal Consiglio di Stato) potrebbe costituire un importante revirement della prassi amministrativa di considerare, ai fini del calcolo del fatturato complessivo cui applicare il limite edittale del 10% delle sanzioni antitrust, l’intero fatturato consolidato del gruppo facente capo all’impresa da sanzionare, anziché i soli fatturati della società controllate nei cui confronti è possibile dimostrare il concreto esercizio di una influenza determinante tale da rendere, ai fini anticoncorrenziali, sia la società madre, sia le controllate un unico centro di imputazione effettivo dell’attività del gruppo.

Martina Bischetti
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Prezzi eccessivi e settore farmaceutico – L’AGCM chiude il procedimento di inottemperanza nei confronti di Aspen: i prezzi dei farmaci antitumorali ridotti fino all’80%

Con il provvedimento pubblicato il 5 luglio scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha concluso il procedimento, senza irrogare alcuna sanzione, nei confronti di alcune società del gruppo Aspen (Aspen) per la (asserita) inottemperanza al provvedimento di chiusura dell’istruttoria A480 (il Procedimento). Come si ricorderà (si veda sul punto la Newsletter del 17/10/2016) l’AGCM aveva sanzionato Aspen per un abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 lett. a) consistente nell’imposizione di prezzi iniqui per la commercializzazione in Italia di alcuni farmaci (farmaci Cosmos) realizzata tramite un esercizio distorto e strumentale del diritto alla negoziazione dei prezzi con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Oltre alla sanzione, pari a poco più di 5 milioni di euro, l’AGCM “…ordinava al gruppo Aspen di porre in essere ogni adempimento volto alla definizione di prezzi non iniqui…” con riferimento ai farmaci Cosmos, nonché di astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione (la Decisione). La Decisione era stata poi interamente confermata dal TAR, che aveva respinto il ricorso di Aspen (si veda la Newsletter del 31/07/2017).

Come ricordato dall’AGCM nel provvedimento in commento, il prezzo dei farmaci Cosmos viene definito tramite una procedura negoziale tra AIFA (ente regolatore del settore) e l’impresa farmaceutica coinvolta (in questo caso, Aspen), che si conclude con un vero e proprio accordo contrattuale di 24 mesi (con rinnovo di volta in volta di 24 mesi). Per accedere a tale contrattazione, l’azienda interessata deve presentare un’apposita domanda all’AIFA corredata da un dossier contenente, oltre alle informazioni di carattere clinico, terapeutico e farmacologico relative al farmaco, una serie di dati di natura economica e di mercato cui ancorare la determinazione del prezzo.

Tanto premesso, l’AGCM aveva avviato, nel marzo 2018, il Procedimento in quanto il comportamento di Aspen dopo l’adozione della Decisione non sarebbe stato sufficiente a definire prezzi non iniqui per i farmaci Cosmos (e sarebbe stato, nell’ipotesi istruttoria, non ottemperante). In particolare, secondo l’AGCM nessuna delle iniziative indicate nella relazione sull’ottemperanza di Aspen, inviata nel dicembre 2016, era stata ritenuta adeguata. Infatti, secondo l’AGCM: (i) nessuna delle iniziative concerneva la definizione dei prezzi dei farmaci oggetto della Decisione; (ii) l’accordo di compensazione temporaneo concluso nel giugno 2017 (in base al quale, tramite un meccanismo di payback, Aspen si era impegnata a rimborsare al SSN le somme già erogate alla società, ed in particolare il 50% della differenza tra quanto pagato e di quanto avrebbero pagato con i vecchi prezzi, ossia quelli precedenti al 2013), nonostante limitasse “…l’ingiusto lucro di cui Aspen si è avvantaggiata a danno del SSN…” non incideva sui prezzi dei farmaci; (iii) l’AIFA aveva considerato integralmente non conformi ai propri criteri i dossier di revisione dei prezzi inviati da Aspen.

Dopo l’apertura del Procedimento, Aspen aveva trasmesso ad AIFA tutta la documentazione necessaria e, il 18 aprile scorso, le due parti hanno raggiunto un accordo che ha portato, tra le altre cose, a riduzioni dei prezzi dei farmaci da un minimo di 29% ad un massimo del 82% (l’Accordo). Inoltre, l’Accordo richiama altresì l’accordo di compensazione (inizialmente temporaneo) già firmato in precedenza, prevedendo l’obbligo di Aspen di rimborsare tramite pay-back a partire da settembre 2016 (ovvero dall’adozione del provvedimento finale A480) fino all’entrata in vigore dei nuovi prezzi, l’importo relativo: (i) “…alla differenza tra i prezzi al pubblico previgenti e i prezzi al pubblico oggetto dell’accordo nel canale retail (farmacie territoriali) al netto dell’IVA e derivante dai volumi ricavati dall’OSMED [Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali]; (ii) alla differenza tra i prezzi ex factory previgenti e i prezzi al pubblico oggetto dell’accordo nel canale ospedaliero al netto dell’IVA derivante dai volumi ricavati dai dati di tracciabilità…”.

Alla luce del raggiungimento dell’Accordo con efficacia retroattiva, l’AGCM ha ritenuto che “…Aspen abbia posto in essere ogni adempimento volto alla definizione di prezzi non iniqui…” e ha pertanto concluso il Procedimento senza l’irrogazione della sanzione per inottemperanza.

Meritano una breve menzione le argomentazioni svolte da Aspen nel corso del Procedimento, in merito al (noto) problema  dell’abuso di posizione dominante per prezzi eccessivi e il rapporto tra regolamentazione sui prezzi (di competenza del regolatore) e intervento delle autorità antitrust. Aspen ha invero lamentato che l’AGCM “…avrebbe travalicato i propri poteri, tanto da interferire drasticamente con quelli di AIFA…”: ad esempio, l’AGCM, nelle sue interazioni con AIFA, avrebbe tenuto un approccio tale da subordinare la chiusura del procedimento alla soddisfazione di AIFA in merito alle informazioni fornite e, quindi, al livello dei prezzi definito. Secondo Aspen, tutto ciò “…avrebbe comportato una compressione della propria autonomia negoziale, tanto da non potere neanche esercitare il proprio diritto di non essere eventualmente d’accordo con AIFA sul livello dei prezzi da definire…”. Secondo Aspen, la presentazione dei dossier ad AIFA avrebbe dovuto esaurire e concludere in via definitiva l’iter di ottemperanza alla diffida del provvedimento dell’AGCM. Infatti, sempre secondo la società, “…lo scrutinio dell’Autorità in materia di ottemperanza dovrebbe fermarsi alla positiva verifica della sottoposizione ad AIFA del dossier per la revisione dei prezzi e non dovrebbe estendersi alla successiva dialettica negoziale tra l’Agenzia e Aspen, in quanto l’intera conseguente negoziazione a partire dal dossier per arrivare al prezzo concordato pertiene unicamente ad AIFA, che deve farsene carico in piena autonomia…” ai sensi della normativa di settore.

A tale argomentazione, l’AGCM ha risposto che “…la diffida non ha ad oggetto l’individuazione di alcun livello specifico di prezzo…”, bensì si limiterebbe ad ordinare ad Aspen di interrompere una condotta di imposizione di prezzi iniqui posta in essere in modo continuativo, nonché ad imporre alla stessa società di adottare tutti gli adempimenti necessari per la definizione di prezzi non iniqui. L’AGCM aggiunge che “…se così non fosse, la perdurante applicazione di prezzi iniqui non rappresenterebbe altro che la perpetrazione dell’abuso accertato dall’Autorità…”.

E’ verosimile ritenere che la questione sarà oggetto di un attento esame in esito all’eventuale impugnazione della decisione in parola.

Jacopo Pelucchi
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Legal News / Golden powers e settore delle telecomunicazioni – il TAR Lazio interviene sospendendo la sanzione di 74 milioni di euro irrogata a TIM

Lo scorso 5 luglio, con l’ordinanza n. 6666/2018 il TAR Lazio ha accolto la richiesta formulata da TIM S.p.A., sospendendo l’efficacia del decreto con cui lo scorso 8 maggio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, a seguito della conclusione dell’istruttoria relativa al procedimento sanzionatorio avviato ai sensi dell’art. 2 del D.L. 15 marzo 2012 n. 21 per la mancata notifica a fronte dell’assunzione del controllo de facto da parte di Vivendi sul gruppo in questione, aveva imposto a TIM una sanzione di 74.312.342 euro.

Il giudice cautelare, facendo salva la necessità di approfondire nella successiva fase di merito tutte le complesse e nuove questioni di diritto dedotte (per cui è stata fissata l’udienza al 9 maggio 2019), ha ritenuto che l’invocata tutela cautelare di sospensione potesse essere accordata, in quanto legata alla spontanea prestazione da parte della società ricorrente di una cauzione di importo pari a quello della sanzione irrogata, contemperando in tal modo le esigenze di parte ricorrente e resistente.

Purtroppo il testo dell’ordinanza è, come di consueto, scarno e ciò non rende possibile trarne ulteriori elementi. Tuttavia, la notizia appare rilevante e a questo punto non resta che attendere la decisione di merito sul punto che, tra l’altro, rappresenterà la prima pronuncia giurisdizionale in materia di c.d. Golden powers.

Gloria Panaccione