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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Aiuti di Stato e esenzioni fiscali – La Corte di Giustizia annulla la decisione con cui la Commissione aveva rinunciato a ordinare all’Italia il recupero di aiuti illegali concessi come esenzione dall’ICI

Con la sentenza resa nelle cause riunite C-622/16 P e C-624/16 P, la Corte di Giustizia dell’Unione europea (CdG) ha annullato, accogliendo parzialmente il ricorso presentato dalla Scuola Elementare Maria Montessori Srl e dal Sig. Ferracci (le Ricorrenti), la sentenza del Tribunale dell’Unione europea (il Tribunale UE) che aveva confermato la decisione con cui la Commissione europea (la Commissione) aveva rinunciato a ordinare il recupero di aiuti illegali concessi dall’Italia, sotto forma di esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (ICI), agli enti non commerciali come gli istituti scolastici o religiosi che svolgevano negli immobili in loro possesso determinate attività (quali le attività scolastiche o alberghiere) (la Decisione).

In particolare, con la Decisione la Commissione, se da un lato aveva riconosciuto che l’esenzione sul pagamento dell’ICI costituiva un aiuto di Stato illegale, dall’altro non aveva ordinato all’Italia di procedere al recupero in quanto “…alla luce delle specificità del caso in esame, sarebbe risultato assolutamente impossibile per la Repubblica italiana recuperare gli aiuti illegali...”. A seguito della decisione, le Ricorrenti proponevano ricorso davanti al Tribunale UE, che tuttavia lo riteneva infondato. Di diverso avviso invece è stata la CdG con la sentenza in commento.

Innanzitutto, la CdG si è pronunciata sulla ricevibilità dei ricorsi, affermando come la Decisione poneva le Ricorrenti in una situazione concorrenziale svantaggiosa e che, di conseguenza, “…detta decisione incideva direttamente sulla loro situazione giuridica, in particolare sul loro diritto a non subire su tale mercato una concorrenza falsata [dalla esenzione dell’ICI]…”.

Riconosciuta la legittimità ad agire per richiedere l’annullamento della Decisione, la CdG si è concentrata sul merito della questione. Dapprima, la CdG ha ricordato che l’adozione dell’ordine di recupero di un aiuto illegale è “…la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità…”. La CdG ha quindi ricordato la sua giurisprudenza, ai sensi della quale la Commissione può non imporre il recupero dell’aiuto solamente qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione. Nel caso di specie, il principio che verrebbe in rilievo è quello secondo cui “ad impossibilia nemo tenetur”. Per tale motivo, secondo la casistica della CdG, la Commissione non può adottare, a pena di invalidità, “…un ordine di recupero la cui esecuzione sarebbe, fin dalla sua adozione, in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare…”. Ciò chiarito, la CdG ha tuttavia evidenziato come sia possibile giungere a tali conclusioni solo a seguito di un esame minuzioso da parte della Commissione sulla sussistenza delle seguenti condizioni cumulative: (i) l’esistenza delle difficoltà addotte dallo Stato membro interessato e (ii) l’assenza di modalità alternative di recupero (anche solo parziale).

La CdG ha rilevato che nel caso de quo la Commissione si fosse limitata a dedurre l’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti illegali dal solo fatto che era impossibile ottenere le informazioni necessarie per il recupero di tali aiuti avvalendosi delle banche dati catastali e fiscali italiane, astenendosi altresì dall’esaminare l’eventuale esistenza di modalità alternative di (anche solo parziale) recupero.

Di conseguenza, in assenza di un’analisi minuziosa da parte della Commissione circa l’impossibilità assoluta di recupero dell’aiuto illegittimo, la CdG ha annullato la sentenza del Tribunale nella parte in cui convalidava la Decisione di non ordinare il recupero dell’aiuto illegale concesso con l’esenzione dall’ICI.

Infine, la CdG, questa volta confermando quanto affermato dal Tribunale, ha dichiarato che l’esenzione dall’IMU (Imposta municipale unica, che dal 2012 ha sostituito l’ICI), che non si estendeva alle attività didattiche fornite a titolo gratuito o dietro pagamento di un importo simbolico, non si applicava ad attività economiche e non poteva pertanto essere considerata un aiuto di Stato.

Spetta ora alla Commissione emanare una decisione che dia seguito alla sentenza della CdG e valutare le modalità di recupero dell’aiuto illegale concesso insieme al governo italiano.

Jacopo Pelucchi
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Diritto della concorrenza Italia e tutela del consumatore / Intese e accesso agli atti – Il Tar Lazio accoglie parzialmente il ricorso di Sintesi S.p.A. avverso un provvedimento di diniego all’accesso agli atti da parte dell’AGCM nell’ambito di un procedimento per l’accertamento di un’intesa anticoncorrenziale

Il Tar del Lazio (il Tar) si è pronunciato sul ricorso della società Sintesi S.p.A. (Sintesi), avverso il diniego da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) della possibilità di accedere ad alcuni documenti riguardanti il procedimento I822, attualmente in corso, avviato dall’AGCM a seguito di una segnalazione di Consip, e relativo alla possibile presenza di condotte anticoncorrenziali in relazione alla gara europea per la fornitura di servizi relativi alla gestione integrata della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro presso le Pubbliche Amministrazioni, a cui Sintesi aveva partecipato.

Sintesi, nel corso del procedimento istruttorio avanti all’AGCM, aveva presentato una prima istanza di accesso a seguito della quale le era stata consentita la visione solo di parte dei documenti richiesti. Successivamente, Sintesi aveva formulato una seconda richiesta, insistendo sulla necessità di accedere anche agli atti la cui visione era stata in primo luogo preclusa. Anche tale istanza veniva accolta in parte, in quanto le veniva negato l’accesso in particolare a due documenti: un allegato alla segnalazione inviata da Consip e un documento interno dell’AGCM rubricato “Attribuzione di Competenza”. A seguito della presentazione di una ulteriore nota con la quale si ribadiva l’esigenza di aver accesso a tali atti, è stato proposto il ricorso in oggetto, con il quale Sintesi ha chiesto la declaratoria del proprio diritto a prendere visione ed estrarre copia della documentazione mancante.

Per quanto riguarda l’allegato alla segnalazione di Consip, la ricorrente aveva lamentato l’assenza di una valida motivazione che ne giustificasse la mancata esibizione, alla luce dell’esigenza di esercitare il proprio diritto di difesa pur a fronte alla necessità di riservatezza prospettata da Consip. Sul punto, il Tar ha rilevato che l’AGCM aveva dichiarato che gli allegati alla segnalazione erano sottoposti al regime di differimento in quanto, a seguito della presentazione di una istanza di riservatezza da parte di Consip, non era stata ancora accertata la loro rilevanza ai fini della prova dell’infrazione. Il Tar ha quindi richiamato la norma di cui all’art. 13, comma 10 del d.P.R. n. 217/1998, che stabilisce che l’AGCM può disporre, motivandolo adeguatamente, il differimento dell’accesso a taluni documenti “…sino a quando non sia accertata la loro rilevanza ai fini della prova delle infrazioni…”. Nel caso di specie,  il Tar ha sottolineato che l’AGCM aveva effettivamente giustificato il differimento in virtù della necessità di valutare tale rilevanza, tenendo debito conto del bilanciamento degli opposti interessi in gioco, posto che la prevalenza del diritto di difesa sulle esigenze di tutela della riservatezza presuppone comunque la sussistenza di una connessione tra i documenti in oggetto e l’attività difensiva della parte.

Con riguardo invece al secondo documento, il Tar ha accolto il ricorso di Sintesi avente ad oggetto una comunicazione interna all’AGCM rubricata “Attribuzione di Competenza”. Sul punto, il Tar ha respinto gli argomenti dell’AGCM, la quale sosteneva che, trattandosi di un atto interno, rientrerebbe tra la documentazione che l’art. 13, comma 5 del d.P.R. n. 217/2018 sottrae all’accesso. Tuttavia, ha rilevato il Tar, il suddetto articolo si riferisce alle “…note, le proposte ed ogni altra elaborazione degli uffici con funzione di studio e di preparazione del contenuto di atti.” A ben vedere, la comunicazione interna in oggetto non appariva costituire un atto di carattere preparatorio o con finalità di studio, bensì, come riconosciuto dall’AGCM stessa nelle difese in giudizio, un documento di carattere organizzativo, relativo all’attribuzione della competenza agli uffici in riferimento alla gestione del procedimento in oggetto. Quanto alla circostanza, dedotta dall’AGCM, che la comunicazione in questione non sarebbe comunque utile per l’esercizio dei diritti di difesa della parte, il Tar ha sottolineato come la valutazione di rilevanza e di pertinenza delle informazioni, soprattutto nell’accesso finalizzato alla difesa in giudizio, è affidata alla parte richiedente.

Pertanto, il Tar ha accolto il ricorso in relazione a quest’ultimo documento, ordinandone l’esibizione da parte dell’AGCM, respingendolo invece quanto alla richiesta di accesso con riferimento al primo atto esaminato.

Leonardo Stiz
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Tutela dei consumatori e servizi di trasporto aereo – L’AGCM contesta a Ryanair e Wizz Air l’inottemperanza al proprio ordine di sospensione cautelare della policy consistente nella richiesta di un supplemento per il trasporto del bagaglio a mano

Lo scorso 7 novembre l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha reso noto di aver avviato due procedimenti nei confronti delle compagnie aeree Ryanair e Wizz Air per l’inottemperanza ai precedenti provvedimenti cautelari emessi dall’AGCM il 31 ottobre e relativi alla nuova policy bagagli a mano adottata da tali compagnie, che prevede l’applicazione di un supplemento di prezzo per il trasporto del bagaglio a mano c.d. “grande” (trolley) (si veda la Newsletter del 5 novembre 2018).

In particolare, l’AGCM aveva ordinato in via cautelare a Ryanair e Wizz Air di sospendere, sostanzialmente in via immediata, l’applicazione della suddetta policy, astenendosi dal richiedere ai consumatori di pagare un supplemento di prezzo per il trasporto del bagaglio a mano “grande” (trolley), e mettendo gratuitamente a disposizione dei consumatori, a bordo o in stiva, uno spazio equivalente a quello predisposto per il trasporto dei bagagli a mano nell’aeromobile, verosimilmente in modo da assicurare che ai passeggeri sia effettivamente assicurata, anche in termini di spazio, la possibilità di portare con sé il bagaglio gratuitamente durante il viaggio.

L’AGCM aveva quindi ordinato alle compagnie aeree di comunicare entro cinque giorni dalla ricezione del rispettivo provvedimento cautelare l’avvenuta esecuzione dello stesso, inviando una relazione dettagliata con illustrate le misure adottate.

Con le decisioni in commento l’AGCM ha tuttavia contestato a Ryanair e Wizz Air di non aver ottemperato a quanto da questa ordinato in via cautelare, disponendo l’avvio di un procedimento per l’eventuale irrogazione di sanzioni che, per le fattispecie di inottemperanza ai provvedimenti dell’AGCM in materia di tutela del consumatore, può arrivare a 5 milioni di euro per singola infrazione.

In particolare, l’AGCM non ha condiviso le argomentazioni di entrambe le compagnie aeree secondo cui il rispettivo provvedimento cautelare sarebbe stato carente di determinazione e chiarezza circa il relativo ambito di applicabilità, sia per quanto riguardava le tratte e i voli interessati, sia con riferimento ai consumatori beneficiari. Secondo l’AGCM, la sospensione provvisoria di “…ogni attività diretta a richiedere un supplemento di prezzo…” per il bagaglio a mano grande avrebbe chiaramente riguardato, da un lato, la richiesta di un supplemento per l’imbarco al gate di tale bagaglio negli aeroporti italiani; dall’altro, la richiesta di pagamento di simile supplemento per il bagaglio nell’ambito delle vendite effettuate sulla versione italiana del sito Ryanair e Wizz Air.

Anche per quanto riguarda la tempistica relativa all’esecuzione del provvedimento cautelare imposta dall’AGCM, che entrambe le compagnie aeree hanno ritenuto eccessivamente limitata (cinque giorni), l’AGCM ha difeso il proprio operato in quanto conforme a quanto stabilito dal Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette (art. 8, co. 4). L’AGCM ha inoltre sottolineato come né Ryanair né Wizz Air avessero presentato alcun elemento idoneo a giustificare una proroga del termine, peraltro nemmeno richiesta da nessuna delle parti.

L’AGCM ha infine respinto anche l’argomentazione avanzata dalla sola Ryanair, secondo cui il provvedimento cautelare inciderebbe su profili attinenti la sicurezza del volo (ad es. allocazione degli spazi all’interno dell’aeromobile), come tali rientranti nella piena discrezionalità del vettore aereo, e che invece l’AGCM ha ritenuto del tutto estranei alla portata della sospensiva cautelare ordinata, rispetto alla quale verrebbe “…in gioco unicamente il diritto dei consumatori ad avere informazioni chiare e trasparenti in merito alla tariffa applicata dal vettore…”.

Una vicenda destinata ad essere riesaminata in altri episodi.

Martina Bischetti
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Legal News / Posizione dominante e restrizione delle libertà fondamentali – Il Tar Lazio prende tempo e rinvia alla Corte di Giustizia “l’affaire Vivendi”

Con l’ordinanza n. 10654/2018, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (il Tar) ha disposto il rinvio pregiudiziale di alcune questioni interpretative alla Corte di Giustizia (CdG) nel giudizio relativo alla violazione da parte di Vivendi S.A. (Vivendi) dell’art. 43, comma 11, del Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi (TUSMAR) accertata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom).

In estrema sintesi, con la Delibera n.178/17/CONS del 18 aprile 2017 (la Delibera), l’Agcom aveva ritenuto che il controllo di fatto esercitato da Vivendi in Telecom Italia S.p.A. (Telecom) contestualmente alla relazione di collegamento in essere con Mediaset S.p.A. (Mediaset), fosse in violazione dell’art. 43, comma 11, TUSMAR, che dispone che “…le imprese, anche attraverso società controllate o collegate, i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche […] sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10 per cento del sistema medesimo...” e, pertanto, Vivendi avrebbe dovuto rimuovere tale posizione di dominanza nell’arco dei successivi dodici mesi.

Vivendi ha, quindi, impugnato la Delibera sollevando una serie di vizi procedurali, consistenti inter alia nella mancata indizione da parte dell’Agcom di una consultazione pubblica prodromica all’adozione della Delibera, oltre al diniego all’accesso opposto dall’Agcom con riferimento alla documentazione relativa alla determinazione dei ricavi generati nel sistema integrato delle comunicazioni (SIC) dagli operatori del settore.

Dal punto di vista più prettamente sostanziale, Vivendi ha messo in dubbio la legittimità del riferimento alla nozione di “società collegate” che è previsto solamente in relazione all’art. 43, comma 11, TUSMAR e non per le altre attività svolte dall’Agcom (sempre a tutela del pluralismo) a norma dei successivi commi del medesimo articolo (laddove, invece, viene declinato unicamente il concetto di controllo). Peraltro, Vivendi ha sottolineato come non fosse Mediaset, in quanto holding del gruppo (in ogni caso, controllata da Fininvest) ad operare direttamente nel SIC, bensì altre società di tale gruppo direttamente o indirettamente controllate dalla stessa, per cui sarebbe eventualmente sussistita una connessione assai remota rispetto all’ambito di interesse individuato dalla norma sopra richiamata.

Dopo una succinta analisi del concetto di pluralismo e degli strumenti di tutela esercitabili a tal fine dall’Agcom, il Tar si è concentrato essenzialmente sull’interpretazione dell’art. 43, comma 11, del TUSMAR. Ad avviso di Vivendi, tale articolo sarebbe incompatibile con la libera circolazione dei capitali e la libera prestazione dei servizi. Sul punto, l’Agcom, a difesa del proprio operato, aveva richiamato alcune precedenti sentenze della CdG in cui veniva riconosciuto che “…la tutela del pluralismo rappresenta una ragione imperativa, idonea a giustificare una restrizione delle libertà fondamentali…”.

Ciononostante, il Tar ha ritenuto opportuno rinviare alla CdG la valutazione circa la compatibilità dell’art. 43, comma 11, TUSMAR con la normativa comunitaria in materia di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, rilevando le peculiarità (tra le quali, riferimento alla nozione di collegamento, soglie rilevanti, etc.) di tale disciplina rispetto a quelle previste dal medesimo corpo normativo in relazione alle altre attività attribuite all’Agcom in materia di tutela del pluralismo.

Sarà interessante scoprire la posizione della CdG sulla vicenda, che è divenuta centrale nel panorama economico italiano del settore.

Filippo Alberti