Skip to main content

Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Intese e settore del tondo per cemento armato – Il Tribunale dell’UE ha respinto il ricorso per la restituzione della sanzione pagata da Lucchini sulla base di una decisione annullata in sede di impugnazione presentata dagli altri partecipanti all’intesa

Con la sentenza dell’8 maggio 2019 il Tribunale di primo grado dell’UE (Tribunale) ha rigettato il ricorso presentato dalla società Lucchini S.p.A. in Amministrazione Straordinaria (Lucchini) avverso la lettera della Commissione Europea (Commissione) che respingeva la richiesta della ricorrente di restituirle l’ammenda di EUR 14,35 milioni a fronte dell’annullamento della decisione adottata ad esito del procedimento COMP/37.956 – Tondo per cemento armato che non essendo stata impugnata da Lucchini era stata annullata a seguito dei ricorsi delle altre parti dell’intesa.

L’articolata vicenda alla base del ricorso verteva, in sintesi, sull’adozione da parte della Commissione, nel 2009, di una decisione che accertava l’esistenza di un’intesa sul mercato italiano del tondo per cemento armato a cui aveva partecipato anche Lucchini (la Decisione). Nel 2010 quest’ultima aveva impugnato la Decisione di fronte al Tribunale, provvedendo nel frattempo al pagamento della sanzione. Nel 2014 il ricorso era stato rigettato (al pari di quello presentato dalle altre parti partecipanti all’intesa originaria) e Lucchini non aveva proposto ulteriore appello alla Corte di Giustizia dell’UE (CdG). A differenza di Lucchini, però, gli altri partecipanti all’intesa avevano presentato ricorso alla CdG ottenendo l’annullamento della Decisione.

Per quanto riguarda la valutazione sul merito, il Tribunale ha ricordato che, sebbene una decisione adottata in materia di concorrenza nei confronti di una pluralità di imprese sia redatta sotto forma di decisione unica, essa costituisce un complesso di decisioni individuali. Pertanto, ove uno dei destinatari della decisione proponga ricorso in annullamento, il giudice dell’UE è investito dei soli aspetti della decisione che riguardano il ricorrente e la relativa sentenza di annullamento non può applicarsi alla sorte di soggetti che non siano stati parti processuali. Inoltre, una decisione che non sia impugnata dal suo destinatario entro i termini previsti diviene definitiva nei suoi confronti. Di conseguenza, salve circostanze particolari, l’annullamento di una decisione individuale ha sì effetti erga omnes, ma non nel senso che possano giovarsi dell’annullamento anche destinatari della decisione che non l’abbiano tempestivamente impugnata.

Il Tribunale ha quindi chiarito che “…[i]l principio della certezza del diritto osta pertanto a che, nell’ipotesi in cui più decisioni individuali simili che infliggono ammende siano state adottate nell’ambito di un procedimento comune e in cui solo taluni destinatari abbiano chiesto e ottenuto l’annullamento in sede giudiziale delle decisioni che li riguardano, l’istituzione da cui esse emanano sia tenuta, su domanda di altri destinatari, a riesaminare, alla luce della motivazione della sentenza di annullamento, la legittimità delle decisioni non impugnate e a valutare se, in base a tale esame, si debba procedere ad un rimborso delle ammende versate o ammetterli a partecipare al procedimento amministrativo riaperto a seguito di tale annullamento”.

Inoltre, sono stati respinti gli argomenti della ricorrente che miravano a far dichiarare ‘giuridicamente inesistente’ la Decisione, divenuta ormai definitiva nei confronti di Lucchini. Il Tribunale ha constatato, infatti, che esigenze di certezza del diritto impongono che l’inesistenza giuridica debba essere limitata a casi estremi in cui un atto sia viziato da irregolarità di tale gravità ed evidenza – circostanze giudicate non soddisfatte dal caso di specie  – da non poter essere tollerate dall’ordinamento giuridico dell’UE che, pertanto ritiene quell’atto, anche d’ufficio, improduttivo di qualsiasi effetto.

La sentenza in commento aggiunge un ulteriore tassello alla giurisprudenza consolidata secondo cui solo in casi estremi sono ammesse  eccezioni al principio della intangibilità della res iudicata, posto a tutela della certezza del diritto.

Resta ora da vedere se un’eventuale impugnazione da parte della parte soccombente darà alla CdG l’occasione di pronunciarsi sulla questione.

Roberta Laghi
------------------------------------------------------------------------

Cartelli e settore del trading di derivati– Secondo l’AG Tanchev l’ammenda a ICAP per il suo ruolo di “facilitatore” deve essere annullata per carenza di motivazione

Con le conclusioni rassegnate lo scorso 2 maggio 2019 (Conclusioni), l’Avvocato Generale Tanchev (AG) si è pronunciato in merito all’appello proposto dalla Commissione europea (Commissione) avverso la sentenza del Tribunale UE (Tribunale) che aveva parzialmente annullato la decisione della Commissione di sanzionare per oltre 15 milioni di euro l’intermediario Icap per aver “facilitato” l’attuazione di sei delle sette intese poste in essere dalle banche UBS, RBS, Deutsche Bank, Citigroup, JPMorgan e dall’intermediario R.P. Martin nel settore dei derivati sui tassi di interesse in yen (commentata in questa Newsletter).

L’AG, confermando le valutazioni del Tribunale, ha ritenuto che la decisione della Commissione non fosse sufficientemente motivata con riferimento alle modalità adottate per il calcolo della sanzione imposta a Icap. La Commissione, infatti, in considerazione del particolare ruolo svolto da Icap di mero “facilitatore” dell’intesa sanzionata, aveva deliberato di discostarsi dai propri orientamenti per il calcolo delle ammende e adottare  “una complessa metodologia” alternativa, senza però compiutamente illustrarla.

L’AG, confermando il Tribunale, ha quindi ritenuto che la mera menzione della gravità, della durata e della natura della partecipazione a un’infrazione non può costituire una motivazione sufficiente della relativa quantificazione, laddove la Commissione decida di discostarsi dai propri orientamenti per il calcolo delle sanzioni antitrust. Ciò, infatti, impedirebbe sia all’impresa interessata di esercitare compiutamente i propri diritti di difesa, sia al giudice di esercitare il proprio sindacato giurisdizionale. Peraltro, nel caso di specie, tale carenza motivazionale avrebbe inoltre impedito, ad Icap prima e al Tribunale poi, di accertare la sussistenza di eventuali ingiustificate disparità di trattamento in relazione alla metodologia e ai criteri applicati dalla Commissione per il calcolo della sanzione applicata a Icap rispetto a quella comminata all’altro “facilitatore” del cartello, ossia R.P. Martin.

Al riguardo, l’AG ha invocato la recente sentenza della Corte di Giustizia (CdG) sul caso UPS (commentata in questa Newsletter), in cui la CdG ha stabilito che “…il rispetto dei diritti della difesa prima dell’adozione di una decisione in materia di controllo di concentrazioni esige […] che le parti notificanti vengano messe in condizione di fare conoscere utilmente il loro punto di vista in merito alla reale consistenza e alla rilevanza di tutti gli elementi sui quali la Commissione intende fondare la propria decisione…”. Secondo l’AG, il principio del rispetto dei diritti di difesa, benché il caso UPS riguardasse il settore del controllo delle concentrazioni, ha una portata generale e “…trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto che gli arreca pregiudizio…”.

Sulla base di tali argomentazioni l’AG ha quindi concluso per il rigetto dell’appello proposto dalla Commissione. Sarà quindi interessante vedere se la CdG, che ora dovrà pronunciarsi in via definitiva sulla causa, farà proprie dette conclusioni, confermando quindi la sentenza impugnata. Rimane comunque impregiudicato il principio fondamentale (ormai confermato da consolidata giurisprudenza) secondo cui i “facilitatori” dei cartelli possono essere sanzionati.

Martina Bischetti
--------------------------------------------------------------

Diritto della concorrenza Italia / Intese e settore dei servizi di facility management – L’AGCM ha accertato la sussistenza di un’intesa per condizionare l’esito di una gara pubblica irrogando sanzioni per un totale di circa 235 milioni di euro

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), con il provvedimento pubblicato lo scorso 9 maggio, ha accertato la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza messa in atto nell’ambito della gara pubblica indetta da Consip S.p.a. (Consip), come noto il soggetto aggregatore di appalti pubblici, per l’appalto dell’esecuzione dei servizi di pulizia e di manutenzione (c.d. “facility management”) in favore di tutti gli uffici pubblici presenti sull’intero territorio nazionale (la Gara FM4) del valore complessivo di circa 2,7 miliardi di euro.

L’AGCM ha accertato la responsabilità delle società C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa (CNS) (che ha beneficiato di una riduzione dalla sanzione pari al 50% in quanto leniency applicant) insieme ad altri operatori del settore (congiuntamente, le Parti).

Secondo la ricostruzione dell’AGCM, le Parti avrebbero coordinato le strategie commerciali attraverso l’attuazione di uno schema c.d. “a scacchiera”, consistente nella presentazione di offerte senza sovrapporsi gli uni agli altri, o comunque proponendo offerte “…chiaramente non competitive…” ove queste si sovrapponevano a quelle dei concorrenti, così realizzando una ripartizione dei lotti disponibili nell’ambito della Gara FM4,. Inoltre, in linea con svariati precedenti, l’AGCM ha ritenuto che “…[a]nche il ricorso all’istituto del raggruppamento temporaneo è risultato distorto, nella pratica utilizzazione dello stesso da parte delle Parti: tutte le ATI da queste poste in essere per la partecipazione alla gara FM4 risultano, infatti, non necessarie e preordinate alla realizzazione del disegno ripartitorio…”.

Per avvalorare la tesi che le offerte presentate rispondessero a un disegno collusivo piuttosto che alle considerazioni autonomamente svolte da ciascun operatore, l’AGCM si è avvalsa principalmente dell’analisi delle offerte e del risultato della gara, nonché delle dichiarazioni rese da CNS in sede di domanda di clemenza, del raffronto con i risultati delle edizioni precedenti delle gare per il facility management, di un (in effetti, poco chiaro)  “terreno di collusione” che caratterizzerebbe le relazioni tra le Parti in ragione dei consolidati rapporti tra alcune di esse, nonché, ed è particolarmente interessante notarlo, di intercettazioni tratte dal procedimento penale inerente a ipotesi di reato per condotte poste in essere da alcune persone fisiche in relazione alla Gara FM4 (di cui peraltro è stata formulata richiesta di archiviazione).

L’AGCM ha irrogato sanzioni commisurate a una proporzione del valore dei lotti che ciascuna impresa si sarebbe aggiudicata in accordo al disegno collusivo, aumentate, tutte in uguale proporzione, di una percentuale forfettaria (c.d. entry fee) per ciascuna impresa, e di una percentuale maggiore nei confronti di Exitone per avere svolto un ruolo determinante nella realizzazione dell’intesa. Al contrario, a CNS è stata complessivamente riconosciuta una cospicua diminuzione della sanzione, sia per avere fornito elementi probatori a supporto della domanda di clemenza, sia in ragione dell’adozione e l’aggiornamento di un programma di compliance antitrust. Complessivamente, le sanzioni irrogate dall’AGCM alle Parti ammontano a un totale di circa 235 milioni di euro.

Rispetto al probabile giudizio di impugnazione relativo al provvedimento in discorso, sarà certamente interessante scoprire come verrà verificata la solidità dell’impianto probatorio strutturato dall’AGCM, che si fonda largamente sulle deduzioni effettuate dal comportamento delle Parti (e, a dire il vero, spesso poco chiare).

Riccardo Fadiga
---------------------------------------------------------------

Abuso di posizione e settore del riciclo degli imballaggi in plastica – L’AGCM avvia un’istruttoria volta ad accertare un abuso di posizione dominante nel settore del riciclo degli imballaggi in plastica

Con il provvedimento deliberato lo scorso 30 aprile , l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un procedimento nei confronti del Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclaggio e il Recupero degli Imballaggi in Plastica (COREPLA) per una potenziale condotta abusiva della propria posizione di dominanza detenuta nel mercato dell’avvio a riciclo dei rifiuti da imballaggi primari in plastica.

L’istruttoria è stata avviata a seguito della segnalazione pervenuta all’AGCM da parte del consorzio CORIPET, che recentemente è stato riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) quale sistema autonomo per la gestione dei rifiuti derivanti da imballaggi primari in plastica (in particolare, in PET); tale riconoscimento è stato, tuttavia, decretato in via temporanea, in quanto soggetto al conseguimento ad alcuni obiettivi minimi di risultato in termini di effettiva operatività (ossia, il recupero e riciclo di una determinata percentuale di bottiglie in PET, principalmente ad uso alimentare).

Da ciò è conseguito che molti produttori di bottiglie o contenitori in PET (quali, ad esempio, numerose imprese di imbottigliamento e vendita di acqua, latte, etc.), originariamente consorziati in COREPLA, avrebbero individuato in CORIPET il soggetto a cui affidare l’attività di avvio al riciclo di dette bottiglie; infatti, fino al riconoscimento provvisorio di CORIPET, l’attività di recupero di imballaggi (in plastica) c.d. primari (tra cui, anche le bottiglie in PET) veniva operata, di fatto in esclusiva, da COREPLA, come, peraltro, emerso dai contratti stipulati dalla stessa COREPLA con i soggetti presenti lungo tutta la filiera che si riferiscono a “tutti” i rifiuti di imballaggio in plastica.

La condotta di COREPLA in questione, identificata dall’AGCM come potenzialmente contraria all’art. 102 TFUE, sembrerebbe essere consistita nell’aver di fatto ostacolato l’ingresso di CORIPET (quale potenziale concorrente, a seguito del riconoscimento temporaneo da parte del MATTM) nel mercato italiano. Infatti, CORIPET si sarebbe vista negare ogni soluzione ipotizzata al fine di iniziare ad operare effettivamente sul mercato, inclusa la negoziazione con la stessa COREPLA anche di accordi ponte.

L’AGCM, ritenendo sussistenti i requisiti del fumus bonis iuris e del periculum in mora nel caso di specie, ha, inoltre, ravvisato l’opportunità di avviare un contestuale procedimento volto all’eventuale adozione di misure cautelari.

Sarà ora interessante comprendere se e quali misure emergenziali saranno adottate da COREPLA e la loro valutazione da parte della stessa AGCM.

Filippo Alberti