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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Energia / Giustizia amministrativa e incentivi pubblici - il TAR Lazio si esprime in merito alla cumulabilità degli incentivi del Conto Energia e della cd. Tremonti ambiente

Con la sentenza n. 6785, lo scorso 29 maggio il TAR Lazio (TAR) ha accolto il ricorso proposto dalla società Pollenza Sole s.r.l. avverso i provvedimenti con cui il Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (GSE) comunicava che la ‘detassazione’ prevista dalla legge n. 388/2000 (c.d. Tremonti ambiente – una deduzione dal reddito imponibile del 20% del costo degli investimenti ambientali effettuati) non fosse cumulabile in alcuna misura con le tariffe incentivanti spettanti ai sensi del III, IV e V Conto Energia, indicando la necessità di rinunciare al beneficio fiscale per il produttore che intendesse continuare a fruire delle tariffe in questione.

Ad avviso del TAR il comportamento del GSE è da considerare illegittimo in quanto la disciplina della cumulabilità tra i diversi incentivi ha subito delle modifiche nel passaggio dal II al III Conto Energia: se fino al II conto infatti vigeva la regola della generale cumulabilità, con le eccezioni espressamente indicate e con un limite del 20% del costo dell’investimento, successivamente è stato introdotto un divieto di cumulo, sempre fatto salvo alcune eccezioni tassativamente espresse. Alla luce di ciò, il giudice di prime cure focalizza la propria attenzione su una disposizione del III Conto Energia (il DM 6 agosto 2010) che prevede la possibilità di cumulare gli incentivi previsti dal Conto in questione con altri “incentivi pubblici” a condizione che “…i bandi per la concessione degli incentivi siano stati pubblicati prima della data di entrata in vigore del presente decreto e che gli impianti entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2011...”. Secondo la prospettazione del TAR, si tratta di una disposizione estesa anche ai successivi Conti Energia e nella parola ‘bandi’ il giudice non vede solo i casi in cui si renda necessaria una valutazione di meritevolezza dell’iniziative imprenditoriale ma anche quelli dove gli incentivi vengano riconosciuti direttamente ex lege.

Sul punto, il giudice aggiunge che in tal modo viene “…salvaguardato l’interesse dei produttori titolari di impianti entrati in esercizio ante 31.12.2011 alla percezione anche degli incentivi ex l. n. 388/00, nonché non compresi nella lista di quelli espressamente cumulabili, indipendentemente dalla questione se la detassazione ivi prevista andasse o non riconosciuta attraverso appositi bandi…”.

Tale pronuncia è di particolare interesse in quanto viene riconosciuta notevole rilevanza alle esigenze di garantire il rispetto dei principi di sicurezza giuridica e di certezza del diritto posti a fondamento della tutela del legittimo affidamento. Non resta che attendere l’esito dell’eventuale appello da parte del GSE.

Gloria Panaccione
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Legal News / Ius variandi e offerta dei servizi Pay-TV del c.d. Pacchetto Calcio - L’Agcom sanziona per €2,4 milioni Sky per inottemperanza alla delibera che imponeva l’obbligo di procedere a una corretta predisposizione di modalità di esercizio del diritto di recesso

Con la delibera n. 154/19/CONS (la Seconda Delibera), l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha sanzionato Sky Italia S.r.l. (SKY) per la mancata ottemperanza alla propria precedente delibera n. 488/18/CONS (la Prima Delibera) in materia di effettività del diritto di recesso da parte dei consumatori.

La vicenda prende le mosse dalla procedura di assegnazione dei diritti di trasmissione degli incontri di calcio di Serie A e B, terminata il 13 giugno 2018, che ha portato all’aggiudicazione a SKY di 7 delle 10 partite complessivamente previste per ogni giornata di Serie A e a Perform (che opera il servizio DAZN) delle restanti 3, in aggiunta al campionato di Serie B.

Svariati consumatori ed associazioni di consumatori avevano lamentato la necessità di sottoscrivere (per la fruizione di tutte le partite dei due campionati) due abbonamenti distinti, su due diverse piattaforme (con necessità, per quanto riguarda DAZN, di una connessione a banda larga), nonché il prezzo invariato del “Pacchetto Calcio” di SKY, nonostante la riduzione delle partite di Serie A e B disponibili con il medesimo. Con la Prima Delibera, l’Agcom aveva pertanto diffidato SKY (anche alla luce dell’entità delle modifiche in peius apportate al pacchetto) a concedere ai propri clienti un congruo termine entro il quale eventualmente recedere senza applicazione di penali e di costi di disattivazione.

Nell’ambito del procedimento che ha condotto all’adozione della Seconda Delibera, SKY ha sollevato diverse argomentazioni, a partire dalla violazione del principio ne bis in idem, essendo già stata destinataria di un provvedimento sanzionatorio per condotte, a proprio avviso, del tutto simili (si tratta del provvedimento sanzionatorio di oltre €7 milioni emanato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nel febbraio 2019 e qui già commentato, a fronte della cui impugnazione SKY avrebbe chiesto la sospensione dell’istruttoria prodromica alla decisione in commento).

Da un punto di vista più generale, SKY ha ripercorso la propria tradizionale posizione rispetto alla normativa di settore, escludendo la propria qualifica di fornitore di servizi di comunicazione elettronica o di rete pubblica di comunicazione.

Con specifico riferimento al caso in questione, SKY ha fatto presente di aver concesso ai propri utenti la possibilità di sottoscrivere l’abbonamento a DAZN (così da “colmare” la lacuna venutasi a creare rispetto alla previgente composizione del pacchetto) a condizioni vantaggiose e di aver comunque ampliato il proprio bouquet di offerte, aggiungendo altri contenuti, quali partite di Champions League, Europa League, Premier League e Bundesliga.

SKY ha inoltre affermato di aver rispettato gli obblighi informativi previsti ai sensi delle proprie condizioni generali di contratto e di non aver mai precluso agli utenti interessati una variazione dei pacchetti sottoscritti.

L’Agcom, rigettando tutte le argomentazioni presentate da SKY, ha preso atto della scelta effettuata dalla società di non adottare alcun comportamento volto ad ottemperare alla Prima Delibera ed ha, pertanto, irrogato una sanzione pari a €2,4 milioni.

Oltre alla più che probabile impugnazione della decisione in commento, anche il ricorso presentato da SKY avverso la sopra ricordata sanzione comminata dall’AGCM avrà un impatto sulla vicenda in commento, con possibili riflessi anche in previsione dell’assegnazione dei diritti di trasmissione degli incontri di Serie A e B per il prossimo triennio 2021 – 2024.

Luca Feltrin
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Intese e contratti di fideiussione bancaria – La Corte di Cassazione chiarisce che la nullità di un’intesa anticoncorrenziale ‘a monte’ produce i propri effetti anche nei confronti dei contratti di fideiussione stipulati ‘a valle’

Con la sentenza pubblicata lo scorso 22 maggio, la Corte di Cassazione (la Cassazione) ha accolto il ricorso presentato da un consumatore (l’Attore) avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia (la Corte d’Appello), la quale aveva precedentemente respinto la domanda presentata da quest’ultimo e volta ad ottenere il riconoscimento della nullità del contratto di fideiussione ‘omnibus’ sottoscritto con la Banca Popolare di Bergamo– avente valore complessivo di €192.000 circa – a garanzia dei debiti assunti da una società terza. Ciò in quanto il contratto in parola sarebbe contrario all’articolo 2 della legge n. 287 del 10 ottobre 1990 (Legge 287/90), che, come noto, vieta le intese anticoncorrenziali.

In particolare, con la pronuncia in oggetto, la Cassazione ha ribadito il principio, già espresso chiaramente in precedenti giudizi, secondo cui il contratto ‘a valle’ concluso tra un imprenditore ed un consumatore, può essere considerato quale “compimento” di una condotta collusiva anticoncorrenziale ‘a monte’ e come tale affetto dalla medesima illiceità. A tal proposito, la Cassazione ha affermato che teorizzare una cesura tra i due summenzionati ‘livelli’, così disconoscendo la possibilità che la prova di uno possa costituire prova anche dell’altro, negherebbe de facto l’effettività della normativa posta a tutela della concorrenza. In particolare, la Cassazione ha chiarito che la nullità del suddetto contratto ‘a valle’ è necessaria a privare la “…volontà anticoncorrenziale ‘a monte’ [di] ogni funzione di copertura formale dei comportamenti ‘a valle…”.

Al fine di meglio comprendere il presente giudizio, è opportuno riportare brevemente gli aspetti salienti del ragionamento adottato dalla Corte d’Appello di Brescia in merito alla richiesta presentata dall’Attore. Quest’ultimo, a sostegno della propria domanda aveva dedotto il provvedimento della Banca d’Italia, datato 2 maggio 2005, tramite cui quest’ultima ha accertato che gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale di fideiussione adottato dall’ABI (e presenti anche nel contratto di fideiussione oggetto del contendere) riportavano disposizioni in contrasto con il summenzionato articolo 2 della Legge 287/90.

In particolare, la Corte d’Appello ha respinto le doglianze attoree sulla base – inter alia – di un’interpretazione puramente letterale del provvedimento in questione, sottolineando come quest’ultimo fosse di mero accertamento e non contenesse sanzioni ovvero una diffida.

Con la sentenza in commento la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello di Brescia ha impropriamente omesso di valorizzare i seguenti argomenti: a) il provvedimento presentava, comunque, un contenuto prescrittivo, in quanto stabiliva che l’ABI dovesse emendare le proprie circolari, trasmettendone copia alla Banca d’Italia per un controllo preventivo; e b) il valore di prova privilegiata del summenzionato provvedimento della Banca d’Italia – la quale ha agito nell’esercizio dei poteri all’epoca attribuitile quale autorità garante per l’accertamento delle violazioni della legge antitrust nel settore creditizio.

La presente sentenza, quindi, è interessante per un duplice motivo: in primis perché la Cassazione ha riconosciuto, ancora una volta, il valore di ‘prova privilegiata’ dei fatti accertati in sede amministrativa in tema di accertamento di un illecito antitrust; in secondo luogo perché la Cassazione ha voluto ribadire che l’annullamento di un’intesa anticoncorrenziale ‘a monte’ non può che produrre un effetto ‘a cascata’ sui rapporti ‘a valle’. Questo in quanto la normativa antitrust “…è posta a tutela non solo dell’imprenditore ma di tutti i partecipanti del mercato…”.

Filippo Alberti
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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e vendita al dettaglio di autovetture usate – A valle di una segnalazione della Polizia l’AGCM impone sanzioni per € 30.000

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), con la propria decisione dell’8 maggio scorso, ha stabilito che la condotta messa in atto da Auto S.M.A. S.r.l. (SMA), attiva, tra l’altro, nella distribuzione di autoveicoli costituisce una pratica commerciale scorretta.

Su segnalazione della Polizia di Stato, l’AGCM ha avviato un procedimento istruttorio durante il quale è emerso che SMA avrebbe fornito informazioni ingannevoli sulla reale percorrenza chilometrica di alcuni autoveicoli usati messi in vendita sul territorio dello Stato. In particolare, l’AGCM avrebbe individuato diversi veicoli in relazione ai quali sarebbe possibile identificare una differenza tra il chilometraggio reale percorso dall’autovettura, e correttamente registrato dal contachilometri al momento dell’acquisto del veicolo da parte di SMA, e il chilometraggio dichiarato da SMA e rilevabile dal contachilometri al momento della cessione da parte di questa al consumatore finale.

L’AGCM ha stabilito che la condotta in oggetto è idonea a (i) trarre in inganno il consumatore sulla percorrenza chilometrica effettiva, che rappresenta uno dei principali elementi di valutazione di convenienza dell’offerta dal punto di vista economico con riferimento all’acquisto di un veicolo usato; (ii) comportare significativi oneri aggiuntivi per il consumatore in termini di interventi di riparazione e manutenzione che quest’ultimo dovrà effettuare anticipatamente rispetto a quanto previsto; e, da ultimo, (iii) costituire una violazione degli obblighi professionali del rivenditore che sarebbe stato tenuto ad appurare, al momento della vendita, che il contachilometri non fosse stato manomesso e che la percorrenza da esso risultante corrispondesse a quella reale.

Di conseguenza, l’AGCM ha irrogato una sanzione pari a €30.000, un ammontare in astratto limitato ma comunque pari a quasi il 10% del fatturato di SMA. La pronuncia riveste un certo interesse anche in quanto una condotta che sembrerebbe prima facie avere anche rilevanza penale è stata segnalata dalla Polizia all’AGCM, fornendo un’ulteriore conferma del dialogo tra i vari poteri dello Stato nel settore della tutela del consumatore.
 
Riccardo Fadiga