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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE/Aiuti di Stato e COVID-19 – La Commissione europea adotta un temporary framework in materia di aiuti di Stato per far fronte all’epidemia in corso

In data 19 marzo 2020, la Commissione europea (Commissione) ha adottato un quadro di riferimento temporaneo (QT) in materia di aiuti di stato a sostegno dell’economia nel contesto dell’epidemia di COVID-19.

Insieme a molte altre misure di sostegno che possono essere utilizzate in base alle norme vigenti in materia di aiuti di Stato, il QT consente agli Stati membri di adottare le misure necessarie per garantire la disponibilità di liquidità sufficiente per imprese di ogni tipologia e di preservare la continuità dell’attività economica tanto durante, quanto dopo, l’epidemia di COVID-19. La Commissione riconosce espressamente che l’impatto dell’epidemia di COVID-19 è di natura e portata tale da consentire il ricorso all’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE secondo cui “…[s]ono compatibili con il mercato interno: […] gli aiuti destinati […] porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro…”.

Per porre rimedio al “grave turbamento” causato dall’epidemia relativa al “coronavirus”, il QT prevede delle tipologie di aiuti ad hoc per far fronte all’attuale emergenza, sul modello di quello adottato nel 2008 per contrastare la crisi finanziaria che fece seguito al fallimento della banca d’investimento Lehman Brothers. Questi aiuti possono essere concessi sotto forma di: i) sovvenzioni dirette e agevolazioni fiscali selettive per ammontare fino a 800.000 per singola impresa, ii) garanzie statali per i prestiti bancari contratti dalle imprese, iii) prestiti pubblici agevolati alle imprese, iv) garanzie per le banche che veicolano forme di sostegno all'economia reale e v) assicurazione del credito all’esportazione a breve termine.

Le imprese che potranno beneficiare di queste misure sono solo quelle entrate in difficoltà successivamente al 31 dicembre 2019, in modo da escludere misure non connesse alle difficoltà derivanti dall’emergenza derivante dall’epidemia in corso.

È importante sottolineare che il QT, che dovrebbe restare in vigore fino al 31 dicembre 2020, non sostituisce ma si affianca agli strumenti già a disposizione degli Stati membri per la concessione di misure in linea con le norme vigenti dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato. A tal proposito, in data 13 marzo 2020, la Commissione ha adottato la Comunicazione relativa ad una risposta economica coordinata all’epidemia di COVID-19 in cui ha chiarito che gli Stati membri possono agire immediatamente (senza previa autorizzazione della Commissione) attraverso misure di sostegno pubblico a disposizione di tutte le imprese, come integrazioni salariali, sospensione dei pagamenti delle imposte sulle società e sul valore aggiunto e contributi sociali. Inoltre, gli Stati membri possono concedere direttamente un sostegno finanziario ai consumatori, ad esempio per servizi annullati o per biglietti non rimborsati dagli operatori interessati.

La Commissione ha quindi affermato di essere pronta ad autorizzare rapidamente aiuti erogati dagli Stati membri sulla base di vari strumenti già esistenti, quali, in primo luogo, l’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE che consente agli Stati membri di compensare le imprese per danni arrecati da eventi eccezionali, comprese misure nei settori dei trasporti aerei e del turismo. Ed è proprio sulla base di tale articolo che, in circa 24 ore, in data 11 marzo 2020, la Commissione ha ritenuto in linea con le norme europee in materia di aiuti di Stato una misura adottata dal governo danese che destina 91 milioni di DKK (corrispondente a circa 12 milioni di euro) ad organizzatori per i danni subiti a causa della cancellazione di grandi eventi con più di 1.000 partecipanti (i cui biglietti erano già stati venduti) a causa dell’epidemia di COVID-19.

In generale, occorrerà vedere come l’Italia e gli altri Stati membri utilizzeranno i margini che la Commissione ha ora concesso. Per ora il Decreto Legge del 17 marzo 2020 n. 18 (c.d. Decreto “Cura Italia”) non sembra contenere misure ricadenti nella nozione di aiuto di Stato. Per le nuove misure che ricadranno nell’ambito dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE, il rispetto delle condizioni contenute nelle norme europee, anche in questa fase, andrà comunque verificato con molta attenzione.

Mila Filomena Crispino
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Diritto della concorrenza Italia/Intese e mercato dei diritti televisivi – Il TAR Lazio si pronuncia sui ricorsi contro le sanzioni dell’AGCM per l’intesa sui diritti televisivi internazionali delle partite di calcio

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) ha respinto il ricorso presentato dalle società Media Partners & Silva Limited (In Liquidation) e Mp Silva S.r.l. in Liquidazione (Ricorrenti) avverso il provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accertato ad aprile 2019 che le Ricorrenti avevano partecipato a un’intesa restrittiva della concorrenza, irrogando una sanzione pari a Euro 63.997.849. La condotta collusiva accertata avrebbe avuto ad oggetto il coordinamento della partecipazione a dieci gare indette dalla Lega Professionisti Serie A (LPA) per l’assegnazione dei diritti televisivi per la visione fuori dall’Italia delle competizioni calcistiche professionistiche del Campionato di Serie A, della Coppa Italia e della “Supercoppa italiana”, nell’arco temporale dal 2008 al 2018.

In particolare, risulta di interesse l’argomento cardine del ricorso in parola, ovverosia che l’AGCM avrebbe violato i diritti di difesa delle parti avendo modificato in modo sostanziale la fattispecie indagata nel corso del procedimento. Dopo aver contestato nella prima Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (CRI) l’esistenza di due separate intese, avrebbe poi emesso una Nuova Comunicazione delle Risultanze Istruttorie (NCRI) riqualificando la condotta in esame come una unica intesa. Il TAR ha rigettato questo argomento, confermando che non sussiste, in capo all’AGCM, alcun “autovincolo” che le impedisca di modificare l’ipotesi accusatoria successivamente all’adozione della CRI. Non solo: una siffatta modifica risulterebbe comunque lecita non già esclusivamente in ragione dell’acquisizione di prove nuove ma anche in ragione di un mero diverso apprezzamento delle evidenze già acquisite.

Il TAR ha altresì rigettato le argomentazioni volte a contestare l’esistenza di un’unica intesa ricomprendente tutte le condotte in esame. Infatti, il TAR ha rilevato che la spartizione dei diritti televisivi veniva sistematicamente posta in essere attraverso meccanismi ripartitori consolidati nel tempo, tramite cui i partecipanti all’intesa suddividevano oneri e proventi attraverso lo strumento della sublicenza, per la durata dell’intesa.

Diversamente, il TAR ha parzialmente accolto il ricorso presentato avverso il medesimo provvedimento dalla società B4 Capital S.A. (B4C). B4C è stata sanzionata per la partecipazione all’intesa tra il 2008 e il 2015 per una somma pari a Euro 3.136.392, di cui il 15% attribuibile alla imposizione di un ammontare aggiuntivo a titolo di c.d. ‘entry fee’. Come è noto quest’ultimo costituisce un importo supplementare compreso tra il 15 e il 25% del valore delle vendite dei beni e servizi oggetto dell’infrazione, che può essere aggiunto dall’AGCM ove il valore della sanzione sia altrimenti ritenuto troppo basso, tipicamente in situazioni di durata ridotta delle condotte, alle quali non si applichi quindi il fattore “moltiplicatore” dell’ammenda legato ad un (significativo) numero di anni dell’infrazione.

Il TAR, nel valutare il ricorso di B4C, ha sottolineato che la ratio dell’applicazione dell’entry fee è appunto quella di rafforzare (‘inspessire’) l’effetto deterrente della sanzione irrogata. Nel caso di specie, il TAR ha ritenuto che la contenuta dimensione economica di B4C, specialmente se comparata a quella delle altre parti, non giustificasse l’applicazione di un ammontare aggiuntivo ai fini di deterrenza. Sfugge, invero, il perché l’AGCM avesse fatto ricorso alla entry fee. Per assumere tale decisione il TAR ha richiamato la propria piena giurisdizione con cognizione estesa al merito, che gli permette di modificare le sanzioni imposte dall’AGCM fissandone i parametri, come in questo caso.

Le sentenze in esame potranno ora essere impugnate dalle Ricorrenti in appello dinanzi al Consiglio di Stato.

Riccardo Fadiga
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Tutela del consumatore/Pratiche commerciali scorrette, misure cautelari e farmaci contro Covid19 – L’AGCM ha sospeso la commercializzazione di un farmaco antivirale venduto a più di 600 euro e disposto l’oscuramento del sito

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), ha comunicato, in data 17 marzo 2020, l’avvio di istruttoria  volta a verificare la possibile scorrettezza delle pratiche commerciali poste in essere dal professionista Gino Capelli (Professionista) in relazione alla promozione, tramite web https://farmacocoronavirus.it, del prodotto “Kaletra” (venduto al prezzo di 634,44 €) che veniva rappresentato come adatto a curare il virus COVID-19 (Coronavirus).

Secondo l’attuale ricostruzione dell’AGCM, i claim utilizzati dal Professionista per la commercializzazione di tale farmaco sembrerebbero suggerire che esso sia “l’unico farmaco contro il Coronavirus”, facendo leva sulla rapidità di diffusione dell’epidemia di COVID-19 e l’inevitabile pressione psicologica che ne deriva per esortare i consumatori all’acquisto.

Tali claim, oltre ad essere particolarmente insidiosi, secondo l’AGCM prima facie appaiono tali da ingenerare nel consumatore il convincimento che il prodotto abbia effettivamente capacità curative, nonostante tali affermazioni risultino allo stato prive di fondamento scientifico. Sulla base di quanto affermato dalle organizzazioni sanitarie mondiali, infatti, non esiste ancora un farmaco in grado di prevenire o curare il Coronavirus.

Il Professionista avrebbe inoltre affermato di essere una farmacia on line legale al 100% e di avere esperienza ultradecennale. È stato invece in prima battuta appurato, in primo luogo, che esso non risulterebbe essere iscritto nell’elenco delle farmacie ed esercizi commerciali autorizzati alla vendita on line di medicinali SOP e che il farmaco in questione non sarebbe suscettibile di vendita a distanza al pubblico. In secondo luogo, risulterebbe omessa l’informativa precontrattuale in ordine all’identità del Professionista e al suo indirizzo di stabilimento. Infine, sembrerebbe sensibilmente limitata la possibilità di esercitare il recesso, dal momento che tale diritto verrebbe negato dopo 24 ore dall’ordine.

In aggiunta, l’AGCM ha disposto in via cautelare la sospensione delle pratiche commerciali scorrette, poiché nella fattispecie in esame sono state ravvisate le esigenze di estrema gravità, urgenza e indifferibilità̀ necessarie per adottare un provvedimento cautelare. Tali elementi sono stati individuati, in particolare, i) nell’attualità delle condotte contestate, ii) nel coinvolgimento della generalità dei consumatori in ragione dell’esponenziale diffusione del Covid-19, e iii) nello sfruttamento della tragica pandemia in atto per orientare i consumatori all’acquisto.

Ancora una volta l’AGCM dimostra una particolare attenzione a fenomeni speculativi legati alla complessa situazione epidemiologica che il nostro paese sta attraversando e sembra ancora una volta lanciare un chiaro e forte messaggio alle imprese ed ai professionisti che tentino di sfruttare la crisi in atto.

Carla Maria Virone
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Pratiche commerciali scorrette e settore bancario – L’AGCM sanziona le principali banche italiane per aver condizionato i consumatori nell’abbinamento tra mutui immobiliari e polizze assicurative

Con le decisioni pubblicate nel Bollettino del 16 marzo scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha sanzionato, per un ammontare complessivo superiore a 20 milioni di euro, le principali banche italiane, ossia Unicredit S.p.A. (Unicredit), BNL S.p.A. (BNL), Intesa Sanpaolo S.p.A. (ISP) e UBI Banca S.p.A. (UBI) (congiuntamente, le Banche). I vari procedimenti hanno avuto per oggetto alcune pratiche commerciali aggressive poste in essere dal 2017 fino, in alcuni casi, anche a oggi, volte a indurre i consumatori intenzionati a stipulare contratti di mutuo e/o di surroga con una di queste banche a sottoscrivere polizze assicurative di vario genere (tra cui, ad esempio, incendio e scoppio, polizze a garanzia del credito e polizze sulla vita) con il medesimo operatore bancario. Per Unicredit e BNL è stata anche appurata la pratica commerciale scorretta consistente nell’aver subordinato la concessione di finanziamenti all’apertura di un conto corrente.

Dall’indagine dell’AGCM, avviata su segnalazione dell’organizzazione di consumatori Altroconsumo, è emerso che le Banche avrebbero sollecitato il ricorso a modalità aggressive, da parte della propria rete retail, nella commercializzazione delle polizze assicurative in abbinamento ai mutui o alle surroghe (i.e. il sostanziale trasferimento di mutui da un istituto bancario ad un altro). Tale politica sarebbe stata dimostrata da numerose direttive impartite ai direttori e alla forza vendita di filiale che esortavano ad esercitare una forte pressione sul consumatore per indurlo a sottoscrivere le polizze assicurative (fino, in alcuni casi, a vendere le assicurazioni dietro minaccia della mancata concessione del finanziamento o ad erogare il mutuo ad un tasso più elevato). Le Banche avrebbero attuato, inoltre, un sistema di monitoraggio finalizzato a spingere la rete retail al massimo collocamento possibile delle polizze in abbinamento alla concessione di mutui e surroghe. Infine, esse avrebbero messo in atto un sistema incentivante per la forza vendita idoneo ad indurre il personale della banca ai comportamenti appena descritti.

Secondo l’AGCM, la sussistenza di un diffuso comportamento aggressivo da parte delle Banche sarebbe stato inoltre confermato dalle elevate percentuali di abbinamento tra mutui/surroghe e polizze assicurative presso la medesima banca. In particolare, l’AGCM ha evidenziato percentuali tra il 60% e il 90% di abbinamento tra polizze “incendio e scoppio” e surroghe: a tal riguardo, risulta indicativo della pressione a sottoscrivere una polizza il fatto che un numero così consistente di consumatori, già dotato di una polizza, acquistata in occasione del mutuo originario, ne stipuli una nuova commercializzata dalla nuova banca.

L’AGCM ha, infine, sottolineato il concreto interesse economico delle Banche al collocamento sul mercato di polizze a tutela del credito e polizze “incendio e scoppio”, dal momento che esse percepiscono contributi fissi e provvigioni.

Per quanto riguarda l’abbinamento tra i mutui e i conti correnti, l’AGCM ha accertato che Unicredit e BNL avrebbero previsto una commissione maggiore nel caso di incasso della rata da conti accesi presso altre banche rispetto alla commissione prevista nel caso di rimborso delle rate su un conto di Unicredit. Anche rispetto al conto corrente, inoltre, la documentazione acquisita avrebbe dimostrato la sussistenza di pressioni sul canale retail finalizzate all’apertura di un conto corrente con la banca concedente in occasione della stipula di un mutuo. La sussistenza della pratica commerciale sarebbe stata poi confermata dalla presenza di indici di abbinamento tra il mutuo e/o la surroga e i conti correnti particolarmente elevati.

In relazione a quanto sopra sintetizzato, l’AGCM ha quindi ritenuto che le Banche abbiano posto in essere delle pratiche commerciali aggressive, in violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo. L’AGCM, sottolineando la loro recidività, ha irrogato le sanzioni seguenti: 6,55 milioni di euro per Unicredit, 5,65 milioni di euro per BNL, 4,8 milioni di euro per Intesa Sanpaolo e 3,75 milioni di euro per UBI.

Si attende ora la possibile reazione delle Banche, che entro 60 giorni possono presentare ricorso al Tar per contestare la ricostruzione operata dall’AGCM.

Luigi Eduardo Bisogno
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