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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE/Revisione della disciplina UE sulle intese verticali – Pubblicato il documento di lavoro della Commissione

Lo scorso 8 settembre, la Commissione europea (Commissione) ha pubblicato il documento di lavoro (Documento di Lavoro) che riassume i dati e le evidenze raccolte nel contesto della revisione del regolamento (UE) n. 330/2010 (regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi verticali, VBER), destinato a scadere nel 2022, e dei relativi Orientamenti (Orientamenti). In particolare, il Documento di Lavoro ha lo scopo di fornire una valutazione sul funzionamento del VBER e degli Orientamenti in modo da permettere un aggiornamento efficace e coerente (tra l’altro) con gli sviluppi dell’economia digitale e della normativa europea in materia.

L’indagine della Commissione si basa su una vasta gamma di fonti, incluse una consultazione pubblica, una consultazione delle autorità nazionali della concorrenza, un workshop con gli stakeholder e uno studio commissionato ad esperti esterni (si veda la Newsletter del 3 giugno 2020). Il Documento di Lavoro si fonda, inoltre, sulla prassi decisionale della Commissione e delle autorità nazionali garanti della concorrenza in materia di intese verticali, nonché sulle evidenze raccolte nel contesto di altre iniziative rilevanti (ad esempio, l'indagine settoriale sul commercio elettronico, oggetto di commento nella Newsletter del 15 Maggio 2017).

In primo luogo, il Documento di Lavoro si concentra sugli sviluppi di mercato più rilevanti dall’ultima revisione del VBER e dei relativi orientamenti, avvenuta nel 2010. La Commissione sottolinea che la fornitura e distribuzione di beni e servizi è stata in gran parte rimodellata a causa della crescita delle vendite online (nel complesso, la quota di individui che acquistano online sarebbe aumentata del 100% dal 2008). In particolare, strumenti come i motori di ricerca, marketplace online e price comparison tools consentono ai consumatori di ottenere e confrontare istantaneamente informazioni sui prodotti e sui prezzi online e di passare rapidamente da un canale all'altro (da online a offline e viceversa). In proposito, il Documento di Lavoro osserva che i produttori hanno reagito alla maggiore trasparenza dei prezzi, e quindi alla concorrenza più intensa, cercando di esercitare un maggiore controllo sulle proprie reti di distribuzione, mediante vendite dirette ai consumatori attraverso negozi al dettaglio online, un uso crescente dei sistemi di distribuzione selettiva (allontanandosi, invece, dai modelli di distribuzione esclusiva), e l'uso crescente di restrizioni contrattuali (ad es. restrizioni sui prezzi, marketplace platform bans, restrizioni sull’uso di price comparison tools e l'esclusione di business online “puri” dalle reti di distribuzione).

Per quello che riguarda la prassi decisionale della Commissione, il Documento di lavoro cita diversi casi in cui Bruxelles ha proibito le restrizioni verticali imposte dai fornitori al fine di ridurre la pressione concorrenziale esercitata dalle vendite online (ad esempio, il caso Guess) e di segmentare artificialmente i mercati a scapito dei consumatori (ad esempio, i casi Pioneer, Nike, Sanrio, NBC Universal e Meliá). Anche le autorità nazionali della concorrenza si sono rivelate particolarmente attive nell’ambito delle intese verticali. Si sono registrati, infatti, 391 casi (210 di questi riguardavano la fissazione dei pressi di rivendita applicati dai distributori, c.d. RPM). L’autorità nazionale più attiva è stata quella austriaca (52 casi), mentre quella italiana ha esaminato 7 casi.

Nell’ambito dell’analisi dell’efficacia e della rilevanza del VBER e dei relativi Orientamenti (qui esaminati congiuntamente), la valutazione ha individuato alcune disposizioni che, secondo gli stakeholder, mancano di chiarezza, ad esempio in tema di accordi di agenzia, scambi di informazioni tra concorrenti nel contesto della dual distribution (ossia nei casi in cui il produttore vende direttamente al cliente finale oltre ad avvalersi di una rete di distributori) e qualificazione della RPM come sostanzialmente sempre illecita. Gli stakeholder hanno poi individuate alcune regole che sono difficili da applicare o non sono più adeguate ai recenti sviluppi del mercato, ciò in particolare per quanto riguarda il settore online. A titolo di esempio, diversi stakeholder hanno contestato l’applicazione del beneficio dell’esenzione per quote di mercato inferiori al 30% nel caso degli intermediari online o l’esclusione dall’esenzione di obblighi di non concorrenza superiori a 5 anni. La valutazione ha inoltre incluso le retail parity clauses e le restrizioni all’uso di price comparison tools e ha dato conto di ambiti di applicazione che non riflettono la giurisprudenza successiva al 2010 (ad esempio, la sentenza Coty).

In merito all’efficienza del VBER e dei relativi Orientamenti, il Documento di Lavoro ribadisce l’esigenza che i costi siano proporzionati ai benefici apportati dalle norme, soprattutto con riferimento all’individuazione di una c.d. safe harbour e il conseguente aumento della certezza del diritto. Al tempo stesso, la Commissione ritiene che vi sia un notevole margine di miglioramento, in particolare tramite la semplificazione della formulazione e della struttura delle norme.

Il Documento di Lavoro riscontra poi la generale coerenza del VBER e dei relativi Orientamenti rispetto alle altre norme e linee guida comunitarie in materia di intese verticali. Si segnalano soltanto alcune frizioni con la Geoblocking Regulation (per cui alcune restrizioni delle vendite passive sarebbe permesse dal VBER e vietate dalla Geoblocking Regulation) e con la Platform-to-Business Regulation (in particolare, in relazione alle retail parity clauses).

La Commissione ritiene, infine, che il VBER e i relativi Orientamenti rappresentino senz’altro un valore aggiunto rispetto agli altri orientamenti esistenti sull'applicazione dell'art. 101 del TFUE, i quali sono più generali e frammentati a livello nazionale.

In conclusione, la Commissione si esprime a favore della necessità di mantenere il VBER e i relativi Orientamenti. Allo stesso tempo, essa si propone di migliorare la normativa nelle aree che non sono sufficientemente chiare, presentano lacune o non sono più adeguate alla luce dei recenti sviluppi del mercato. A tal fine, la Commissione avvierà nelle prossime settimane un impact assessment e le parti interessate potranno fornire il loro feedback nell'ultimo trimestre del 2020. La Commissione intende poi pubblicare un progetto di revisione del VBER e dei relativi Orientamenti l'anno prossimo, in modo che siano in vigore entro il 31 maggio 2022.

Luigi Eduardo Bisogno
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Bid-rigging e durata dell’infrazione – L’AG Pitruzzella presenta le proprie conclusioni nel contesto di un’intesa relativa ad un appalto pubblico di lavori

In data 10 settembre 2020, l’Avvocato generale (AG) Pitruzzella ha presentato le sue conclusioni relative al caso C-450/19, avente ad oggetto la domanda di rinvio pregiudiziale finlandese avente ad oggetto la valutazione della durata di una violazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) consistente nel coordinamento tra imprese in vista della manipolazione di procedure di gara indette nel contesto di appalti pubblici di lavori.

In primo luogo, è utile riassumere brevemente gli antecedenti della vicenda. Nell’aprile 2007 viene pubblicato un invito a presentare offerte per i lavori di costruzione in vista della realizzazione di una linea di trasporto di energia elettrica in Finlandia. Il 4 giugno 2007 l’impresa finlandese Eltel Networks Oy (Eltel) deposita l’offerta che ha permesso a Eltel di aggiudicarsi l’appalto. Il successivo 19 giungo 2007 viene sottoscritto il contratto relativo ai lavori di costruzione tra Eltel e la società committente. L’opera, invece, viene quindi terminata il 12 novembre 2009 e l’ultimo pagamento è effettuato il 7 gennaio 2010. Dalla successiva decisione dell’Autorità garante della concorrenza e del consumo finlandese (l’Autorità) risulta che l’offerta di Eltel sarebbe stata presentata dopo una concertazione preliminare con un’altra impresa.

Con la decisione del 31 ottobre 2014, l’Autorità, come richiesto dal diritto finlandese, ha presentato al competente Tribunale delle questioni economiche una proposta di sanzione da irrogare a Eltel. Il tribunale adito, tuttavia, respinge la proposta dell’Autorità in quanto ritiene che la proposta di sanzione (che secondo il diritto finlandese deve pervenire entro cinque anni dalla fine dell’illecito o da quanto l’Autorità ne viene a conoscenza) doveva considerarsi come prescritta.

In ragione di ciò, l’Autorità aveva impugnato la sentenza innanzi al giudice del rinvio il quale, anche alla luce del dissenso delle parti circa la data in cui sarebbe scaduto il termine di prescrizione per l’irrogazione della sanzione pecuniaria, ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CdG) come determinare la cessazione di una presunta infrazione del 101 TFUE nell’ipotesi in cui l’infrazione sia consistita in una concertazione tra imprese parti dell’intesa riguardante le offerte da presentare nel contesto di un appalto come quello del caso di specie.

Nel presentare le sue conclusioni, l’AG chiarisce in primo luogo che la giurisprudenza precedente non fornisce indicazioni utili al caso di specie in quanto da collocarsi in contesti fattuali e normativi diversi. Facendo tuttavia riferimento alla sentenza T-Mobile Netherlands e a., l’AG afferma che – per determinare la durata dell’infrazione – una delle questioni fondamentali alle quali occorre rispondere è quella legata all’individuazione dell’interesse giuridico protetto, che nel caso in questione era rappresentato dalla possibilità per il cliente di ottenere migliori offerte alle migliori condizioni possibili in un contesto di libera concorrenza. Pertanto, l’infrazione sussiste fintantoché la collusione, formale o di fatto, limita tale possibilità. La valutazione della durata dell’infrazione impone dunque di valutare l’impatto di detta infrazione sull’interesse giuridico protetto e quindi, in definitiva, l’esatta portata dell’intesa, che compete al giudice del rinvio individuare.

Applicando tali considerazioni al caso di specie, l’AG suggerisce alla CdG di rispondere che, nel caso in cui (i) un’impresa partecipante a una intesa collusiva, ad esito della stessa abbia stipulato un contratto di appalto, e (ii) detta intesa aveva ad oggetto unicamente tale contratto, la cessazione dell’infrazione dovrebbe considerarsi come avvenuta, in linea di principio, alla data in cui l’impresa aveva presentato un’offerta per i lavori in questione o, eventualmente, aveva stipulato un contratto per l’esecuzione dei suddetti lavori, senza però per ciò solo protrarsi fino all’esaurimento dell’esecuzione del contratto stesso.

Si dovrà ora attendere la sentenza della CdG vedere se quest’ultima concorderà con le suddette conclusioni dell’AG nel fare chiarezza su una questione giuridica di cruciale rilevanza per l’accertamento della durata di infrazioni relative a gare d’appalto sia pubbliche sia private, che ha a sua volta un impatto molto rilevante nella determinazione dell’entità delle sanzioni ad esse applicabili ed eventualmente dell’applicabilità della prescrizione.

Mila Filomena Crispino
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Aiuti di Stato e reti a banda larga – La Commissione europea avvia una consultazione pubblica

La Commissione europea (Commissione), con il comunicato stampa dello scorso 8 settembre, ha annunciato di aver avviato una consultazione pubblica, invitando gli Stati membri, i cittadini europei e tutte le altre parti interessate a fornire i loro punti di vista e commenti sulle norme comunitarie attualmente vigenti in materia di aiuti di Stato per il sostegno pubblico allo sviluppo di reti a banda larga.

La consultazione pubblica si inserisce nel contesto di una più generale valutazione della Commissione sulle norme in materia. Il fine è quello di valutare se esse siano ancora adeguate o se invece necessitino di essere aggiornate alla luce dei recenti sviluppi tecnologici e di un mercato in costante evoluzione.

Il quadro normativo oggetto della consultazione è rappresentato dagli Orientamenti dell’Unione europea per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga (Orientamenti), introdotti nel 2013, e dal successivo Regolamento (UE) n. 651/2014 del 17 giugno 2014 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno (Regolamento).

Gli Orientamenti consentono agli Stati membri di intervenire a sostegno dello sviluppo di reti a banda larga con investimenti pubblici nelle aree in cui esistano fallimenti di mercato a condizione che tali investimenti apportino un miglioramento significativo al mercato in termini di disponibilità del servizio, capacità e velocità di connessione. La ratio è quella di far concentrare gli interventi pubblici in aree che altrimenti rimarrebbero prive di connessione a banda larga a causa dell’assenza di interesse da parte di investitori privati per le zone poco profittevoli. Allo stesso tempo, gli Orientamenti salvaguardano anche gli interessi del settore privato, prevedendo che nessun intervento pubblico possa avvenire laddove operatori privati abbiano investito o intendano investire (purché tale intenzione sia oggettivamente accertabile con un sufficiente margine di certezza). Coerentemente, il Regolamento prevede che gli Stati membri possano beneficiare di un’esenzione dall’obbligo di notificare le misure a sostegno dello sviluppo di reti a banda larga in zone in cui non esistono infrastrutture della stessa categoria ovvero non ne sia prevista la realizzazione nel breve termine, purché siano soddisfatte determinate condizioni.

Tra il 2014 e il 2019 gli Stati membri hanno effettuato, nel contesto di tale normativa e al fine di raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Agenda Digitale Europea, investimenti pubblici per circa 30 miliardi di euro nello sviluppo di infrastrutture a banda larga. I risultati sono stati notevoli: nel 2019, l’86% delle famiglie europee aveva accesso a connessione rapida a banda larga di almeno 30 Mbps e il 30% di esse beneficiava di una connessione Gigabit.

Con l’adozione dei nuovi “EU Digital Policy Goals” nel febbraio 2020, la Commissione ha aggiornato gli obiettivi strategici da raggiungere entro il 2025 in materia di sviluppo del settore digitale e IT negli Stati membri. La Commissione ha individuato alcune esigenze di connettività principali, indicando che entro i prossimi cinque anni: (i) tutte le famiglie europee dovranno avere accesso a connessione Internet con velocità di almeno 100 Mbps; (ii) tutti i principali enti socioeconomici dovranno avere accesso ad una connessione internet con velocità di 1 Gigabit al secondo; nonché (iii) dovrà essere garantita copertura 5G in tutte le aree urbane e in tutti i principali percorsi di trasporto terreste.

Alla luce di questi ambiziosi obiettivi, la Commissione si chiede se l’attuale contesto normativo sia il più adeguato a permetterne il raggiungimento o se vi siano spazi di miglioramento. Per questi motivi la consultazione è stata divisa in cinque principali sezioni, domandando a tutti gli interessati di valutare gli Orientamenti e il Regolamento sotto i profili di efficienza, efficacia, rilevanza, coerenza e valore aggiunto alla UE.

La consultazione pubblica si chiuderà il 5 gennaio 2021.

Luca Casiraghi
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Tutela del consumatore/Pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie e servizi informatici – Avviati procedimenti nei confronti di Google, Apple e Dropbox

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha annunciato lo scorso 7 settembre l’avvio  di procedimenti istruttori nei confronti di Google, Apple e Dropbox relativamente ai servizi di cloud computing forniti da tali società per accertare la sussistenza di pratiche commerciali scorrette. Le condotte investigate si riferiscono essenzialmente alla asserita mancata o inadeguata indicazione della raccolta e utilizzo a fini commerciali dei dati forniti dall’utente, nonché al possibile indebito condizionamento nei confronti dei consumatori che, per utilizzare il servizio di cloud storage, non sarebbero in condizione di esprimere il proprio consenso alla raccolta e all’utilizzo a fini commerciali delle informazioni che li riguardano.

In aggiunta, per quanto riguarda il servizio offerto da Dropbox, l’AGCM ha incluso nell’ambito dell’istruttoria anche la verifica se la società fornisse informazioni incomplete sui termini e sulle procedure per recedere dal contratto e per esercitare il diritto di ripensamento.

Nei confronti di ciascun operatore è stato altresì avviato un procedimento parallelo per presunte clausole vessatorie incluse nelle condizioni generali di contro. In particolare, l’AGCM si è concentrata sull’ampia facoltà – riconosciuta al fornitore del servizio – di sospendere e interrompere il servizio, sull’esonero di responsabilità anche in caso di perdita dei documenti conservati sullo spazio cloud dell’utente, sulla possibilità di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, nonché sulla prevalenza della versione in inglese del testo del contratto rispetto a quella in italiano.

Le istruttorie in rilievo confermano l’immutata attenzione dell’AGCM per la tutela dei diritti dei consumatori che si avvalgono di servizi digitali, riconoscendo particolare rilevanza agli obblighi informativi di trasparenza e libera espressione del consenso alle modalità di raccolta dei dati degli utenti. Non resta che attendere l’esito delle istruttorie, che a ben vedere si focalizzano su pratiche piuttosto diffuse nel settore e potrebbero pertanto avere rilevanza particolarmente ampia.

Riccardo Fadiga
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