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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Aiuti di Stato e regimi fiscali – Secondo l’Avvocato generale Kokott un’imposta a carattere progressivo sul fatturato è in linea con le norme UE in materia di aiuti di Stato

Il 15 ottobre scorso, l’Avvocato generale Kokott (AG) ha presentato le proprie conclusioni nell’ambito dei ricorsi della Commissione europea (Commissione) avverso le sentenze “parallele” del Tribunale dell’Unione europea (Tribunale)che avevano accertato che alcune imposte a carattere progressivo basate sul fatturato di imprese attive, rispettivamente, nel commercio al dettaglio e nella diffusione pubblicitaria, adottate dalla Polonia e dall’Ungheria non costituivano aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno.

Più specificamente, il regime polacco prevedeva che i rivenditori al dettaglio di merci sarebbero stati soggetti per il loro fatturato mensile eccedente i 17 milioni di zloty polacchi (PLN), ossia circa 4 milioni di euro, ad un’imposta pari allo 0,8 % per lo scaglione di fatturato compreso tra 17 e 170 milioni di PLN e all’1,4 % per lo scaglione di fatturato mensile superiore.

Il regime ungherese prevedeva invece che i soggetti attivi nella diffusione pubblicitaria avrebbero dovuto versare sul fatturato netto di un esercizio annuale un’imposta progressiva (sei aliquote tra 0% e 50%). Queste aliquote d'imposta sono state poi sostituite da un sistema a doppia aliquota: lo 0 % applicabile alla quota di fatturato al di sotto di 100 milioni di fiorini ungherese (circa 312.000 di euro) e il 5,3% per la quota eccedente.

Con decisioni del 30 giugno 2017 e del 4 novembre 2016, la Commissione ha stabilito che entrambe le imposte costituissero aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno, poiché attribuivano un vantaggio selettivo alle imprese più piccole.

La Polonia e l’Ungheria hanno impugnato le decisioni della Commissione dinanzi al Tribunale. Con le sentenze del 16 maggio 2019 e del 27 giugno 2019 il Tribunale ha accolto i ricorsi e ha annullato le decisioni della Commissione. La Commissione ha quindi proposto appello avverso tali due sentenze del Tribunale dinanzi alla Corte di Giustizia (CdG).

Con le conclusioni in esame, l’AG ha proposto alla CdG di respingere l’impugnazione della Commissione e di confermare le sentenze del Tribunale.

In via preliminare, l’AG ha ricordato che per valutare la selettività di un aiuto fiscale è in primo luogo necessario individuare il regime tributario comune o “normale” applicabile nello Stato membro interessato. Successivamente, a fronte di tale regime comune o “normale”, occorre valutare se il vantaggio concesso dalla misura fiscale considerata costituisca un’eccezione ingiustificata e presenti, dunque, carattere selettivo.

Data l’assenza di regolamentazione dell’Unione in materia fiscale, l’AG ha ricordato che gli Stati membri sono liberi di istituire il sistema fiscale che ritengono più idoneo, determinando le basi imponibili e la ripartizione della pressione fiscale. Inoltre, secondo la recente giurisprudenza della CdG elaborata nel contesto delle libertà fondamentali, un’imposizione progressiva può essere basata sul fatturato, in quanto l’importo del fatturato rappresenta un criterio distintivo neutro e rappresenta un indice pertinente della capacità contributiva dei soggetti passivi. Pertanto, nella fattispecie, la tassazione “normale” di riferimento sarebbe rappresentata da imposte progressive sul reddito applicabili alle imprese di commercio al dettaglio, nonché a coloro che offrono servizi pubblicitari, che si riferiscano, quanto alla base imponibile, al fatturato.

La Commissione, secondo l’AG, può soltanto verificare se lo Stato membro abbia agito in modo manifestamente incoerente nell'esercizio della sua sovranità fiscale (sul punto l’AG cita le sentenze C-106/09 e C-107/09 Gibraltar, in cui la CdG aveva accertato un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno in virtù dell'incoerenza interna tra l'obiettivo della legge e il modo in cui era stata formulata, che consentiva alle società offshore di godere di una tassazione molto bassa).

L’AG ha quindi ritenuto che il Tribunale avesse giustamente concluso per l'assenza di una siffatta incoerenza relativamente all'imposta polacca nel settore del commercio al dettaglio e all’imposta sulla pubblicità ungherese della sua sovranità fiscale. Infatti, il regime normale sarebbe la legge polacca e la legge ungherese nella sua specifica configurazione a carattere progressivo, che si tradurrebbe in un'imposizione più gravosa in capo alle imprese con livello di fatturato più elevato e in una minore tassazione delle imprese con un fatturato più modesto. Di conseguenza, l'esistenza di un vantaggio selettivo non potrebbe risultare solo dalla struttura progressiva e dal riferimento al fatturato quale base imponibile.

Posto che non spetta alla Commissione stabilire qual è l’imposta più appropriata, l’AG ha chiarito che un'imposta sul reddito basata sugli utili non deve essere ritenuta come preferibile in assoluto. Anche l'utile è solo un parametro (non necessariamente oggettivo) per la tassazione della capacità finanziaria (in virtù dei fenomeni di c.d. base erosion e profit sharing). Inoltre, le imposte sul reddito basate sul fatturato sono sempre più diffuse a livello mondiale, come dimostra anche l'imposta sui servizi digitali proposta dalla stessa Commissione, che collega la tassazione delle imprese al loro fatturato annuo.

Secondo l’AG neppure un sistema di aliquote progressive è suscettibile di essere qualificata come “selettiva”. Infatti, nell'ambito di una tassazione del reddito, le aliquote progressive sono alquanto comuni al fine di ottenere un'imposizione in funzione della capacità finanziaria. Ciò vale sia per l'imposta sul reddito basata sugli utili, sia per l'imposta sul reddito basata sul fatturato e d’altra parte anche l'imposta sui servizi digitali proposta dalla Commissione lo starebbe a dimostrare.

Si attende ora il giudizio della CdG, la quale difficilmente smentirà quelle che appaiono ragionevoli conclusioni dell’AG.

Luigi Eduardo Bisogno
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Diritto della concorrenza Italia / Enforcement di diritto della concorrenza e tutela del consumatore – L’AGCM ha presentato la Relazione Annuale sull’attività svolta nel 2019

Lo scorso 10 ottobre si sono celebrati i 30 anni dall’entrata in vigore della legge n. 287 del 1990, che ha introdotto per la prima volta in Italia una disciplina organica a tutela della concorrenza e del mercato, dando anche avvio alle attività dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Per l’occasione, i vertici dell’AGCM sono stati ricevuti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la presentazione della Relazione Annuale sull’Attività Svolta del 2019 (Relazione) e che sarebbe dovuta essere presentata lo scorso 30 marzo ma che, a causa dell’emergenza legata alla pandemia, è stata rinviata e fatta coincidere con il “compleanno” dell’AGCM.

Illustrando la Relazione, l’AGCM ha evidenziato le principali linee direttrici su cui si è sviluppata la propria attività nel corso del 2019: (i) la valorizzazione del rapporto virtuoso tra la tutela della concorrenza e le altre politiche pubbliche; (ii) il contrasto deciso ai cartelli tra imprese, con particolare riferimento a quelli riguardanti procedure ad evidenza pubblica; (iii) la protezione rafforzata dei consumatori, in special modo negli acquisti online; (iv) l’attenzione alla tutela del contraente debole nei rapporti economici caratterizzati da asimmetria di forza contrattuale, in particolare nei casi di abuso di dipendenza economica; nonché, infine, (v) la comprensione e valutazione dell’impatto trasversale del nuovo fenomeno dei big data e del ricorso all’intelligenza artificiale nell’attività d’impresa.

Per l’attività compiuta nel corso del 2019, l’AGCM ha ricevuto una valutazione a 4 stelle dalla nota rivista di settore, specializzata nell’analisi comparativa dell’attività delle autorità antitrust, “Global Competition Review”, classificandosi all’ottavo posto a livello mondiale nella classifica di rating enforcement stilata ogni anno dalla rivista.

Durante lo scorso anno l’AGCM ha volto un totale di 89 procedimenti istruttori in ambito di tutela del consumatore e 34 in ambito di tutela della concorrenza. Le sanzioni comminate sono state complessivamente pari a 766 milioni di euro, di cui 741 sono stati versati al bilancio dello Stato e 25 sono stati destinati a progetti istituzionali a favore dei consumatori.

Con specifico riferimento alla tutela della concorrenza, l’AGCM lo scorso anno ha manifestato particolare severità nella persecuzione dei cartelli tra le imprese e nella repressione degli abusi di dipendenza economica, un trend recente ma che è stato intrapreso in modo deciso essendo ormai già 9 i procedimenti istruttori portati a conclusione. Sono state poi esaminate 65 operazioni di concentrazione ed effettuati 62 accertamenti ispettivi. I casi più rilevanti di tutela della concorrenza hanno riguardato le intese restrittive per i prezzi del cartone ondulato e l’intesa anticoncorrenziale nella fatturazione mensile effettuata dagli operatori telefonici. Alti settori particolarmente interessati dall’azione dell’AGCM sono stati quello della distribuzione del gas, quello per i servizi professionali e la filiera agroalimentare.

Quanto alla tutela dei consumatori, l’AGCM ha concentrato la propria attività specialmente nel settore dell’e-commerce (con particolare attenzione alla pratica del buy and share), in quello dell’energia (relativamente ad offerte commerciali scorrette, promozione e commercializzazione scorretta di impianti fotovoltaici, promozione ingannevole di carburante) e nel macrosettore comprendente comunicazioni, finanza e assicurazioni, nei quali l’autorità ha sanzionato pratiche scorrette riguardanti abbinamenti del credito al consumo con polizze assicurative, abbinamento di mutui immobiliari con polizze assicurative e conti correnti e servizi di pay tv.

Da ultimo, è stato rilevato un trend in ascesa per il rating di legalità, che nel 2019 ha registrato 4.108 richieste portate a termine. L’AGCM ha rilevato che le imprese sembrano aver molto apprezzato l’istituto, in quanto permette loro sia di aumentare il merito creditizio, sia di ridurre del 30% l’importo della cauzione da prestare negli appalti pubblici.

Luca Casiraghi
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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e acquisti in-game e loot boxes – L’AGCM ha reso obbligatori gli impegni presentati dal Gruppo EA in tema di promozione e vendita di videogiochi

Il 30 settembre scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accettato e reso obbligatori gli impegni proposti da diverse società del Gruppo EA, al cui vertice vi è la società società Electronic Arts Inc., con sede negli U.S.A. e operante nel settore dello sviluppo di videogiochi, contenuti, servizi online riproducibili su diverse piattaforme e device in Italia in relazione ai profili di possibile scorrettezza di determinate pratiche poste in essere nell’ambito della promozione e vendita sul mercato italiano, tramite internet ovvero distributori fisici, di alcuni videogiochi che offrono la possibilità di effettuare sia acquisti in-game, sia acquisti tramite loot box (ad esempio FIFA 19, FIFA 20, Star Wars Battlefront II e Apex Legends).

Gli acquisti in-game consistono in pagamenti effettuati all’interno di un videogioco per ottenere utilità varie al fine di potenziare le prestazioni e avanzare rapidamente nello stesso. Gli acquisti tramite loot box sono una particolare categoria di acquisti in-game che permettono di ottenere, in maniera casuale e senza la previa conoscenza in capo all’utente, una certa quantità di elementi per migliorare il gioco e/o apportare decorazioni estetiche. Tali acquisti rappresentano una fonte rilevante di remunerazione per gli operatori del settore.

In sede di avvio del procedimento sono state contestate al Gruppo EA le seguenti condotte: (i) la diffusione, tramite i siti web di informazioni ingannevoli e/o omissive in relazione alle caratteristiche e ai costi da sostenere nei videogiochi che presentano acquisti in-game e loot boxes, idonee a ingannare i consumatori circa le caratteristiche del gioco e i costi effettivi da sostenere per la fruizione dello stesso, anche considerato che tale carenza informativa, quando tali giochi sono destinati a categorie di consumatori più vulnerabili (come bambini o adolescenti), potrebbe non consentire ai genitori di effettuare un acquisto consapevole e di controllare l’attività di gioco dei propri figli; (ii) l’attivazione, nei videogiochi destinati ai bambini o utilizzabili anche dai bambini, di un meccanismo di gioco che induceva a effettuare acquisti tramite messaggi a ciò finalizzati; nonché (iii) l’omissione o l’inadeguata informazione, al momento dell’acquisto, di alcune informazioni previste dalla legge come obbligatorie sul diritto di recesso.

L’AGCM ha ritenuto tali condotte suscettibili di integrare pratiche commerciali scorrette, poiché contrarie a diligenza professionale e potenzialmente idonee a falsare il comportamento economico dei consumatori in relazione alla promozione e alla vendita dei videogiochi e impedire l’esercizio dei diritti contrattuali.

Nelle sue note difensive, il Gruppo EA ha contestato che tali condotte potessero integrare violazioni della normativa vigente a tutela dei consumatori e che i videogiochi (oltre a essere soggetti a un rigido sistema di Parental Control) e le informazioni pubblicitarie connesse erano conformi alle indicazioni del sistema PEGI (Pan European Game Information, sistema di classificazione dei videogiochi in base all’età) e, di conseguenza, conformi all’equipollente sistema di classificazione previsto dall’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni.

Il 24 febbraio 2020 il Gruppo EA ha presentato una proposta, successivamente integrata, contenente diversi e articolati impegni, tra cui l’introduzione dell’apposita dicitura “Acquisti in-game (contiene elementi casuali)”, maggiore visibilità dell’avvertimento relativo alla possibilità di effettuare pagamenti con denaro, ampliamento della portata del diritto di recesso con riferimento ai contenuti digitali tramite l’inserimento di un tool che permette agli utenti di annullare gli acquisti e ottenere in breve tempo il rimborso totale dopo la prima esecuzione del gioco, ovvero entro 14 giorni dall’acquisto se l’utente non ha avviato il gioco, la riduzione del limite di spesa da 25 a 0 euro come impostazione predefinita negli Account Adolescenti, che potrà essere aumentato solo tramite una scelta consapevole del genitore, nonché la fornitura di informazioni chiare ai genitori circa le funzionalità del Parental Control.

L’AGCM con il provvedimento ha ritenuto idonei gli impegni presentati dal Gruppo EA a sanare i profili di possibile scorrettezza delle pratiche contestate.

L’AGCM, con il provvedimento in esame, dimostra, ancora una volta, particolare attenzione a garantire il rispetto della normativa vigente a tutela di categorie di consumatori particolarmente vulnerabili e far sì che gli operatori commerciali rispettino le regole di trasparenza e chiarezza dell’informazione in modo da consentire agli utenti e ai genitori di porre in essere scelte economiche avvedute.

Carla Maria Virone
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