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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione
Diritto della concorrenza Italia / Abuso di posizione dominante e distribuzione del gas – L’AGCM accoglie gli impegni di Italgas in relazione alla gara per il servizio di distribuzione del gas in alcuni comuni della provincia di Venezia
Con la delibera del 23 febbraio scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accolto gli impegni proposti da Italgas Reti S.p.A. (Italgas) a seguito di un’istruttoria per condotte integranti un presunto abuso di posizione dominante, segnalate dal Comune di Venezia, in qualità di stazione appaltante nel bando di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas in alcuni comuni nella propria provincia.Il Comune di Venezia ha infatti lamentato il ripetuto “rifiuto o l’ingiustificato ritardo” da parte di Italgas, che opera in regime di monopolio legale come concessionario del servizio in prorogatio, nel fornire alcune informazioni ritenute essenziali per la predisposizione di un nuovo bando di gara per l’affidamento del servizio in parola, ostacolando così la concorrenza.
Il Decreto Ministeriale n. 226/2011 impone infatti ai gestori della rete di rendere disponibili alla stazione appaltante, entro 90 giorni dalla richiesta, dette informazioni, che vertono principalmente sulla conformazione e la proprietà della rete di distribuzione e sulla valorizzazione della stessa, ma soprattutto contengono evidenze tariffarie (ovvero dati economici necessari per la definizione dei riconoscimenti tariffari ai gestori) e costi storici dei cespiti, senza i quali non sarebbe valutabile dai potenziali concorrenti del bando di gara l’eventuale remunerazione della concessione, a sua volta imprescindibile per formulare la migliore offerta.
Così, dopo l’avvio del procedimento a carico di Italgas per presunto abuso di posizione dominante in violazione dell’art. 102 TFUE, la stessa ha presentato impegni, ex art. 14-ter della l. 287/90, per far venire meno i profili anticoncorrenziali dell’istruttoria. In seguito, l’AGCM ha disposto la pubblicazione di detti impegni e la consultazione (market test) di una serie di operatori del settore, tra cui il medesimo Comune di Venezia.
Gli impegni presi da Italgas sono cinque, di cui sicuramente il primo, relativo alla trasmissione delle informazioni richieste, è stato il più rilevante se non anche il più controverso in fase di valutazione. Infatti, oltre ad essere emerso, durante il market test, l’importanza di dette comunicazioni, Italgas aveva asserito di avervi già adempiuto in data 15 ottobre 2020 mentre il Comune di Venezia ne aveva contestato sia l’attendibilità dei dati comunicati, sia la completezza di questi, perché carenti dei costi storici della rete di distribuzione. Così, dopo un serrato scambio di memorie, Italgas, modificando i precedenti impegni assunti, si è impegnata a fornire interamente e compiutamente quanto richiesto.
Tutti gli altri impegni, afferenti alla comunicazione d’informazioni, tanto di natura cartografica, quanto di natura pratico-operativa per i successivi affidamenti, sono stati positivamente valutati sia durante il market test, sia dalla stessa AGCM, la quale ne ha evidenziato l’idoneità a porre rimedio alle presunte pratiche anticoncorrenziali nonché la rilevanza per bandire una gara per il successivo nuovo affidamento.
L’AGCM ha quindi deliberato la chiusura del procedimento senza accertare illeciti e comminare sanzioni, rendendo obbligatori gli impegni assunti da Italgas. Resta la sensazione che gli impegni offerti da Italgas si siano limitati a replicare ciò che verosimilmente Italgas era tenuto comunque a porre in essere come obblighi regolamentari.
Luca Campise
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Gun jumping e settore delle bevande – L’AGCM avvia un procedimento nei confronti di Doreca e Abruzzo Distribuzione per inottemperanza all’obbligo di comunicazione preventiva delle concentrazioni
Con i due Provvedimenti n. 28577 e n. 28578 dello scorso 16 febbraio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), da un lato, ha deciso di non avviare un’istruttoria in relazione all’operazione di concentrazione (l’Operazione) realizzata da Doreca S.p.A. (Doreca) ed Abruzzo Distribuzione S.r.l. (Abruzzo Distribuzione) (congiuntamente, le Parti), in quanto non ha ritenuto sussistere alcun pericolo di costituzione o di rafforzamento di una posizione dominante; dall’altro ha deliberato l’apertura di un istruttoria volta ad accettare la violazione dell’obbligo di comunicazione preventiva dell’Operazione, disposto dall’articolo 16, comma 1, della legge n. 287/1990, configurante una ipotesi di c.d. “gun jumping”.Doreca ed Abruzzo Distribuzione sono entrambe società attive nel commercio all’ingrosso di bevande alcoliche e analcoliche in Italia. L’Operazione è consistita nella costituzione, in data 2 marzo 2020, di AD Beverage S.p.A. (AD Beverage), una joint venture avente natura full function, a cui sono stati trasferiti, con contratti di affitto di durata decennale ed aventi decorrenza dal 1° giugno 2020, due rami di azienda delle società madri. Specificamente, Doreca ha ceduto l’attività commerciale relativa alla distribuzione all’ingrosso di bevande esercitata in vari paesi in Umbria, Marche e Puglia e, similmente, Abruzzo Distribuzione ha ceduto la propria attività commerciale esercitata nelle medesime regioni. Il capitale sociale di AD Beverage è detenuto per il 49% da Doreca e per il 51% da Abruzzo Distribuzione e in virtù delle disposizioni statutarie e dei patti parasociali, le due imprese madri esercitano un controllo congiunto sulla joint venture.
Tuttavia, l’Operazione non era stata comunicata all’AGCM ai sensi dell’art. 16 della legge 287/1990 fino al 20 gennaio 2021, ossia ben dopo l’effettiva attuazione della stessa, avvenuta il 1° giugno 2020, data in cui il trasferimento dei rami d’azienda a AD Beverage da parte di Doreca ed Abruzzo Distribuzione era divenuto efficace.
L’AGCM, ritenendo che l’Operazione, così come strutturata, costituiva una concentrazione soggetta all’obbligo di notifica alla luce dei fatturati delle imprese interessate, ha dunque proceduto all’analisi dei possibili effetti anticompetitivi derivanti dall’Operazione. L’AGCM ha dapprima osservato che il settore interessato fosse quello della distribuzione all’ingrosso delle bevande, che avviene tradizionalmente secondo due canali principali, ossia: (i) la vendita diretta ai dettaglianti ed ai centri della grande distribuzione organizzata (il c.d. “canale breve”); e (ii) la vendita a grossisti che distribuiscono la merce a bar, ristoranti, locali e a società di catering o di vending (c.d. “canale lungo” o Ho.Re.Ca). Secondo l’AGCM, questo secondo canale, che è l’unico in cui sono attive le Parti, potrebbe costituire un mercato autonomo, alla luce della specifica tipologia dei clienti e delle peculiarità del servizio offerto. Il mercato geografico è invece stato ritenuto essere di dimensione regionale o provinciale. Tuttavia, anche prendendo in considerazione il solo mercato rilevante relativo al cd. “canale lungo”, l’AGCM non ha riscontrato alcun possibile rischio di costituzione o di rafforzamento di una posizione dominante, in quanto la quota di mercato detenuta da AD Beverage post-Operazione era comunque inferiore al 20% in tutte le regioni interessate e la società in ogni caso non risultava il leader del mercato in nessuna di esse.
Pertanto, non rilevando alcuna problematica derivante dall’Operazione, l’AGCM ha deciso di non avviare un’istruttoria a riguardo. Tuttavia, osservando che la comunicazione dell’Operazione era pervenuta all’AGCM solamente in data 20 gennaio 2021, nonostante la concentrazione fosse stata attuata quantomeno il 1° giugno 2020, l’AGCM ha deliberato l’apertura di un’istruttoria volta ad accertare la violazione dell’obbligo di comunicazione preventiva, che potrebbe comportare l’inflizione di una sanzione pecuniaria alle Parti.
Il tema del c.d. gun jumping (prematura realizzazione di una concentrazione), oggetto di particolare attenzione negli ultimi anni da parte delle autorità antitrust (ed in particolare della Commissione), torna dunque di attualità anche in Italia, dove peraltro esso si inserisce in un contesto normativo peculiare, data l’assenza nel nostro paese – come noto – dell’obbligo di c.d. stand-still (è possibile procedere al closing di una concentrazione prima della relativa autorizzazione, purché sia però già avvenuta la comunicazione all’AGCM), aspetto che limita i casi in cui vi può essere un intervento dell’AGCM sulla base delle regole in materia di concentrazioni.
Luca Casiraghi
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Attività di segnalazione e concessioni – L’AGCM ha pubblicato un parere sui potenziali effetti anticompetitivi dei rinnovi automatici di concessioni per piccole derivazioni di acqua a scopo idroelettrico
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), nella sua riunione del 16 febbraio 2021, ha ritenuto di svolgere una serie di osservazioni in relazione alle procedure di rinnovo delle concessioni di piccole derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico, come contemplate dalla vigente legge nazionale e dalle leggi regionali e provinciali attuative.Tutte le suddette norme (nazionali, regionali e provinciali) prevedono che le procedure di assegnazione delle concessioni per piccole derivazioni idroelettriche in scadenza siano oggetto di automatico rinnovo al concessionario incumbent, su sua richiesta. L’AGCM ha osservato che detto corpus normativo non è conforme ai principi comunitari in materia di attribuzione di titoli per l’esercizio di attività economiche i quali, in ragione della scarsità delle risorse che utilizzano, sono per definizione in numero limitato, e per tale motivo richiedono l’adozione di modalità concorrenziali per la loro assegnazione, nonché per i loro rinnovi.
In tal senso, l’AGCM ricorda che la gestione di centrali idroelettriche per la generazione di energia costituisce una attività economica di prestazione di un servizio, ai sensi dell’articolo 57 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), cui sono applicabili in via generale anche il principio di libertà di stabilimento di cui all’articolo 49 dello stesso TFUE e, più specificamente, i principi di cui alla Direttiva servizi 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkenstein).
All’articolo 12 la Direttiva Bolkenstein si riporta appunto che: “… [n]ei casi di scarsità di risorse, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. [...] l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami …”.
Proprio con specifico riferimento alla normativa nazionale sulle concessioni idroelettriche, si era già pronunciato il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che ha stabilito che la disposizione sul rinnovo automatico “… deve essere disapplicata nella parte in cui consente il rinnovo di un contratto di concessione, senza la previa indizione di una procedura”. Nello stesso senso, recentemente sono intervenute la Corte di Cassazione e quella Costituzionale ma con riferimento alle concessioni demaniali marittime che ha disapplicato norme simili, sulla base della natura self-executing (ossia, dell’obbligatorietà diretta anche senza normativa di attuazione) dell’articolo 12 della Direttiva Bolkestein.
Posto quanto sopra, ritenendo che il quadro nazionale e regionale vigente sul punto sia in contrasto con le norme europee, l’AGCM ha auspicato una espressa modifica pro-concorrenziale delle vigenti disposizioni tanto nazionali, quanto regionali e provinciali.
Mila Filomena Crispino
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Tutela del Consumatore / Pratiche commerciali scorrette e settore idrico – Il TAR Lazio ha parzialmente accolto il ricorso di Abbanoa relativo alla propria condotta nella procedura di rilevazione dei consumi d’acqua in Sardegna
Con la sentenza pubblicata lo scorso 9 marzo (la Sentenza), il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (TAR Lazio) ha parzialmente accolto il ricorso presentato dalla società Abbanoa S.p.A. (Abbanoa) – società a partecipazione pubblica totalitaria la quale gestisce in regime di monopolio legale il servizio idrico integrato (SII) per la Regione Sardegna – avverso il provvedimento emanato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) in data 12 giugno 2019 (il Provvedimento).Con tale Provvedimento, l’AGCM aveva sanzionato Abbanoa per un totale di €3,850,000 per aver posto in essere – “fin dalla seconda metà del 2017” – due distinte pratiche commerciali scorrette in violazione degli articoli 24 e 25 del Codice del Consumo: (i) in primis, Abbanoa non solo non avrebbe accolto le istanze di riconoscimento della prescrizione avanzate dai propri utenti e relative a fatture inerenti a periodi risalenti a più di 5 anni ma avrebbe risposto a tali reclami con l’invio di comunicazioni di messa in mora – ad avviso dell’AGCM – particolarmente aggressive, in cui si minacciava il distacco della fornitura idrica in caso di reiterazione del mancato pagamento (Pratica A); e (ii) in secondo luogo, Abbanoa avrebbe frapposto ostacoli “non contrattuali e sproporzionati” alla presentazione di richieste di rettifica delle fatture da questa emesse in caso di perdite d’acqua non visibili (i.e. ‘occulte’). In particolare, come sottolineato dall’AGCM, Abbanoa avrebbe posto totalmente a carico del singolo utente l’onere di dimostrare la sussistenza di tali perdite, al fine di ottenere la rettifica delle relative fatture, nonché la prova della mancata fruizione dei servizi di fognatura e depurazione (Pratica B).
Per quanto concerne la Pratica A, il TAR Lazio ha rigettato i motivi di ricorso presentati da Abbanoa, confermando in toto le risultanze istruttorie dell’AGCM, come ad esempio il fatto che Abbanoa, anziché fornire un celere ed idoneo riscontro ai reclami in tema di prescrizione concernenti l’emissione di fatture di portata pluriennale (eccedente, come detto sopra, il limite temporale di 5 anni), avrebbe avviato procedure di recupero dei crediti tramite ingiunzioni di pagamento accompagnate da minacce di distacco dell’utenza in caso di continua morosità. Al contempo, si noti che il TAR Lazio ha respinto tra le altre l’argomentazione secondo cui l’esiguo numero (“appena una decina”) di procedure di recupero crediti effettivamente portate a termine non permetterebbe l’accertamento di una pratica commerciale scorretta. Sul punto, il TAR Lazio ha sottolineato che la configurazione di una pratica commerciale scorretta prescinda dal numero eventualmente esiguo di segnalazioni effettuate dai consumatori, nonché dalla natura occasionale e/o episodica della condotta contestata. A sostegno di tale conclusione, il TAR Lazio ha richiamato l’orientamento che vorrebbe le pratiche commerciali scorrette come illeciti di pericolo: ciò comporta che tali illeciti non necessitano quindi della presenza di una o più segnalazioni, richiedendo unicamente un giudizio di potenziale lesività della condotta analizzata effettuato ex ante, quindi indipendentemente dalla realizzazione di un effettivo e concreto pregiudizio eventualmente causato al comportamento dei consumatori, indotti ad assumere una decisione commerciale che non avrebbero altrimenti preso. Inoltre, il TAR Lazio ha altresì sottolineato l’approccio aggressivo nella gestione dei reclami adottato da Abbanoa, la quale non avrebbe infatti tenuto conto del suo ruolo di erogatore un servizio essenziale in regime di monopolio nella Regio Sardegna. Secondo il TAR Lazio, Abbanoa, minacciando il distacco dalla rete idrica all’interno delle sue lettere di risposta ai vari reclami ricevuti, avrebbe indebitamente indotto l’utente medio a rinunciare ad eventuali contestazioni, benché – come accertato dall’AGCM – fondate.
Relativamente, invece, alla Pratica B, il TAR Lazio ha rigettato la ricostruzione fornita dall’AGCM e ha, pertanto, accolto le doglianze di Abbanoa. In particolare, il TAR Lazio ha concluso che la rilevazione delle perdite idriche cc.dd. ‘occulte’ spetta in prima battuta agli utenti ‘lamentanti’, i quali sono tenuti a “verificare periodicamente il contatore”, e non al gestore del servizio: l’assunto dell’AGCM secondo cui “il professionista è il solo in grado di rilevare la presenza di una perdita idrica” è stato quindi rigettato. Il TAR Lazio ha altresì prestato particolare attenzione all’argomentazione avanzata da Abbanoa secondo cui quest’ultima avrebbe ricevuto un rilevante numero di reclami infondati o a cui “erano state allegate fotografie non attendibili della perdita” (alcune delle quali addirittura scaricate da internet) o dalle quali derivava l’evidenza del fatto che la perdita lamentata non fosse occulta ma, al contrario, ben visibile. Per le suddette ragioni il TAR Lazio ha annullato il Provvedimento limitatamente alle risultanze di cui alla presente Pratica B, così determinando una riduzione della sanzione di € 550.000 (ossia l’importo originariamente imposto a sanzione della condotta in esame).
Con la presente sentenza, il TAR Lazio ha confermato la propria giurisprudenza circa l’irrilevanza numerica delle segnalazioni in relazione alla configurazione di una pratica commerciale scorretta (peraltro messa in discussione o almeno attenuata da altro, recente orientamento oggetto di precedente commento su questa Newsletter); inoltre, il TAR ha ribadito la particolare attenzione nell’agire che è attesa da determinati soggetti, quali appunto gli erogatori di servizi essenziali in posizione di monopolio legale. Occorre a questo punto attendere la (eventuale) pronuncia del Consiglio di Stato, al fine di comprendere se tale approccio sarà ulteriormente confermato.
Luca Feltrin
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Pratiche commerciali scorrette e settore dei diamanti – Il Consiglio di Stato riduce del 30% le sanzioni inflitte dall’AGCM a Banco Bpm e Unicredit, co-autori di una pratica ingannevole riguardante la vendita di diamanti a fini di investimento
Con le sentenze dell’11 marzo 2021 (Sentenze) il Consiglio di Stato (CdS) ha rigettato i ricorsi presentati da due società attive nella vendita di diamanti (Fallimento Intermarket Diamond Business S.p.A. e Diamond Private Investment S.p.A. in liquidazione, le Società) e ha parzialmente accolto quelli presentati da Banco Bpm S.p.A. e Unicredit S.p.A. (le Banche) avverso le sentenze del TAR Lazio che avevano confermato il provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), a sua volta, aveva in precedenza accertato la sussistenza di una pratica commerciale ingannevole riguardante la vendita di diamanti a scopo di investimento (il Provvedimento).La vicenda riguardava la vendita di diamanti da parte delle Società, con il coinvolgimento delle Banche in veste di intermediari, promossa con l’ausilio di materiale informativo destinato ai consumatori contenente informazioni ingannevoli. In particolare, con riguardo a detto materiale informativo, l’AGCM aveva accertato, inter alia, che:
(i) le presunte ‘quotazioni’ dei diamanti pubblicate su rinomati quotidiani, da cui si poteva desumere una costante crescita del valore di mercato dei preziosi, anziché costituire rilevazioni di mercato oggettive, corrispondevano ai prezzi di listino delle Società pubblicati a pagamento su detti quotidiani;
(ii) la presunta caratteristica dei diamanti di ‘rendimento sicuro nel tempo’ e di ‘bene rifugio’, agevolmente monetizzabile in ogni momento, non corrispondevano alla realtà, poiché la rivendibilità e redditività del bene erano subordinate al ricorrere di determinate condizioni (di cui il consumatore non era informato), tra cui la scelta di ricollocare i diamanti attraverso il medesimo canale di acquisto e in un momento in cui vi forse una limitata domanda di smobilizzo;
(iii) il valore di mercato dei diamanti venduti dalle Società (presentato in modo ‘indecifrabile’ secondo l’AGCM) era inferiore al prezzo proposto per l’acquisto;
(iv) alcune vantate caratteristiche (come quella di leader del settore in Europa di una delle Società) non avevano trovato alcun riscontro di mercato.
Se, da un lato, il CdS ha dunque confermato il Provvedimento (e le relative sanzioni) nei confronti delle Società, dall’altro, la questione riguardante il ruolo delle Banche appare più articolata. Le Banche, infatti, eccepivano di aver svolto il ruolo di meri segnalatori dei prodotti delle Società nei confronti dei loro clienti, aggiungendo di non essersi avvedute dell’ingannevolezza dei messaggi contenuti nel materiale promozionale che non avevano contribuito a predisporre.
Il CdS ha, sul punto, chiarito che l’indagine sul punto non poteva limitarsi alla semplice analisi delle disposizioni del contratto tra le Banche e le Società ma doveva investire anche i profili di fatto, che confermavano la responsabilità degli istituti di credito. Tali profili, essenzialmente, concernevano: la messa a disposizione dei clienti del materiale promozionale all’interno dei locali della banca; il coinvolgimento attivo dei funzionari delle Banche (e in particolare dei consulenti finanziari di fiducia dei clienti) nelle operazioni di promozione e acquisto dei diamanti; la elevata provvigione (tra il 10 e il 20%) ricevuta dalle Banche sul valore ciascuna operazione e la possibilità di generare ricavi dalla vendita di servizi aggiuntivi (ad es. la custodia dei diamanti in cassette di sicurezza).
Ciò posto, il CdS ha rigettato le eccezioni sulla presunta natura colposa del comportamento delle Banche, chiarendo che ciò che rileva è che “… il professionista abbia con il suo contegno contribuito, in qualità di co-autore alla realizzazione dell’illecito, non solo ove il suo contributo abbia avuto efficacia causale, ponendosi come condizione indefettibile alla realizzazione della violazione, ma anche allorquando il contributo abbia sostanziato un’agevolazione dell’altrui condotta, traendone un diretto vantaggio economico”.
Ciononostante, il CdS ha riconosciuto che l’importo delle sanzioni irrogate alle Banche (rispettivamente pari a 4 milioni e 3,350 milioni di euro per Unicredit e Banco Bpm) prossimo al massimo edittale di 5 milioni e pari a quasi il doppio delle sanzioni irrogate alle Società - ossia dei soggetti (peraltro di dimensioni inferiori) che avevano ideato la pratica e predisposto il materiale promozionale - fosse non proporzionato a fronte del contributo, illecito, ma comunque secondario, delle Banche. Pertanto, il CdS ha disposto una riduzione delle sanzioni inflitte alle Banche nella misura del 30% dell’importo complessivo.
Con le sentenze in commento, il CdS riconosce dunque il ruolo di co-autori dell’infrazione in capo a determinati soggetti, al contempo ammettendo che, attraverso l’applicazione del principio di proporzionalità, possa essere valorizzato l’aspetto relativo al differente contributo apportato da essi all’infrazione. E ciò a prescindere da eventuali considerazioni circa la diversa dimensione dei co-autori e, quindi, del diverso indice di deterrenza applicabile.
Roberta Laghi
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