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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE/Aiuti di Stato e settore aereo – Il Tribunale respinge anche i ricorsi di Ryanair contro gli aiuti di Stato concessi dai Paesi scandinavi a favore delle compagnie di bandiera.

Con le sentenze pubblicate il 14 aprile, il Tribunale dell’Unione europea (Tribunale UE) ha respinto i ricorsi di Ryanair DAC (Ryanair) contro gli aiuti di Stato concessi dalla Danimarca e dalla Svezia a SAS AB (SAS) e dalla Finlandia a Finnair Plc (Finnair), stabilendo che le misure erano proporzionate e necessarie per far fronte ai danni economici subiti dalle compagnie aeree a causa delle restrizioni dei viaggi legate alla pandemia di Covid-19.

Nell’aprile 2020, la Danimarca e la Svezia avevano notificato alla Commissione europea (Commissione) due misure a favore di SAS, consistenti in una garanzia su una linea di credito per un importo massimo di 1,5 miliardi di corone svedesi, al fine di compensarla parzialmente per i danni derivanti dalla cancellazione o dalla riprogrammazione dei suoi voli imposti della pandemia di Covid-19. La Commissione aveva quindi approvato le misure ai sensi dell’articolo 107, para. 2, lett. b), TFUE, che consente agli Stati di adottare aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.

Il mese successivo anche la Finlandia aveva notificato alla Commissione una misura di aiuto sotto forma di garanzia statale a favore della compagnia aerea finlandese Finnair, volta ad aiutare quest’ultima a ottenere un prestito di 600 milioni di euro presso un fondo pensionistico, destinato a coprire il suo fabbisogno di capitale di esercizio. Coerentemente con le decisioni relative alla SAS, anche tale misura veniva approvata dalla Commissione ma su una base giuridica diversa, ossia il quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato nell’attuale emergenza di Covid-19 (Quadro temporaneo) e l’art. 107, para. 3, lett. b) che autorizza, a certe condizioni, gli aiuti destinati a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro.

Ryanair ha presentato ricorsi contro le decisioni della Commissione, entrambi respinti con le sentenze in commento.

Nel caso di SAS, il Tribunale ha respinto l’argomento di Ryanair secondo cui gli aiuti individuali non sarebbero idonei ad ovviare ai danni provocati da un evento eccezionale, dal momento che questi coinvolgono di norma intere regioni e settori industriali. Il Tribunale UE ha chiarito che un aiuto può essere destinato a ovviare ai danni arrecati da un evento eccezionale anche se esso va a beneficio soltanto di un’impresa individuale senza ovviare all’integralità dei danni arrecati da tale evento.

Il Tribunale UE ha poi respinto l’argomento secondo cui gli aiuti non sarebbero stati proporzionali rispetto ai danni subiti da SAS. In particolare, il Tribunale UE ha ritenuto che la Commissione avesse stimato correttamente l’entità del danno in termini di “perdita di valore aggiunto”, in modo tale da evitare il rischio di una sovracompensazione. Il Tribunale UE ha sottolineato, inoltre, l’impegno assunto dalla Danimarca e dalla Svezia di effettuare una valutazione ex post del danno effettivamente subìto da SAS, e di chiedere, se del caso, a quest’ultima il rimborso dell’aiuto eccedente il danno in questione.

Il Tribunale UE ha inoltre ritenuto che l’aiuto non fosse discriminatorio nei confronti degli altri operatori aerei, ricordando che gli aiuti individuali, sebbene comportino per loro natura una differenza di trattamento, sono consentiti ai sensi del diritto dell’Unione, purché siano soddisfatte le condizioni previste dall’art. 107 TFUE. Inoltre, anche supponendo che vi sia una tensione con il principio di non discriminazione, una misura può essere giustificata qualora sia necessaria, adeguata e proporzionata per conseguire un obiettivo legittimo. Il Tribunale UE ha quindi constatato che la differenza di trattamento a favore della SAS non andasse al di là di quanto necessario, poiché SAS deteneva la maggiore quota di mercato in Danimarca e in Svezia e, conseguentemente, sarebbe stata più colpita delle altre compagnie aeree presenti in Danimarca dalle restrizioni relative alla pandemia di Covid-19.

Il Tribunale è giunto a conclusioni simili in relazione al ricorso di Ryanair contro gli aiuti autorizzati per Finnair.

In particolare, secondo Ryanair, la Commissione avrebbe sbagliato nel ritenere che l'aiuto fosse idoneo a porre rimedio ad un grave turbamento dell'economia finlandese, violando il suo obbligo di soppesare i suoi effetti benefici contro gli effetti negativi sulle condizioni commerciali e sulla concorrenza e ritenendo che Finnair non avesse un potere di mercato significativo.

Tuttavia, il Tribunale UE ha confermato che l'aiuto fosse necessario e proporzionale per prevenire gravi conseguenze per l'economia finlandese, di cui Finnair è il maggiore operatore di trasporto passeggeri e merci, mentre gli argomenti di Ryanair rispetto al possibile effetto discriminatorio e alla violazione delle libertà di prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento sono stati respinti sulla base degli stessi motivi del caso SAS.

Come si ricorderà, il Tribunale UE aveva già respinto i ricorsi di Ryanair contro misure di aiuto di carattere generale concesse dalla Francia e dalla Svezia che favorivano le compagnie nazionali (si veda la Newsletter del 22 febbraio 2021), ma con le sentenze in esame il Tribunale ha confermato la legalità anche di misure di aiuto di carattere individuale connesse agli effetti della pandemia.

Luigi Eduardo Bisogno
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Intese e settore dell’imballaggio alimentare – La Corte di Giustizia respinge il ricorso del Gruppo Italmobiliare e conferma la sanzione di 35,9 milioni di euro.

Con la sentenza del 15 aprile, la Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha respinto il ricorso presentato da Italmobiliare S.p.A. e dalle proprie società controllate (congiuntamente, le Ricorrenti) per l’annullamento della sentenza T-523/15 del Tribunale dell’Unione europea (il Tribunale UE). Con tale pronuncia, il Tribunale UE aveva integralmente confermato la decisione con cui la Commissione europea (Commissione) aveva sanzionato le Ricorrenti per un totale di 35,9 milioni di euro per aver preso parte, assieme ad altre società concorrenti nella produzione di vassoi in plastica per imballaggi alimentari, a cinque distinti cartelli anticoncorrenziali, ciascuno riguardante una differente area dell’Unione europea.

Nello specifico, la decisione della Commissione era stata adottata a seguito di un lungo procedimento, iniziato nel 2008 a seguito della domanda di immunità presentata dalle società facenti parte del gruppo Linpac (Linpac). Nella propria decisione, la Commissione aveva constatato che i partecipanti ai cartelli avessero preso parte a riunioni e contatti volti alla fissazione dei prezzi e all’allocazione della clientela e dei mercati, scambiandosi inoltre informazioni sensibili e manipolando le gare per le forniture attivate dai clienti.

Le Ricorrenti avevano impugnato la decisione della Commissione davanti al Tribunale UE, il quale aveva tuttavia ha integralmente respinto tale ricorso, rilevando inter alia che la sanzione comminata alle stesse non fosse sproporzionata e non violasse il principio di parità di trattamento. Inoltre, il Tribunale UE aveva inoltre respinto l’argomento delle Ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe errato nel considerare Italmobiliare S.p.A. responsabile in solido, in quanto società controllante, dei comportamenti delle proprie controllate (c.d. parental liability).

Con specifico riferimento alla sentenza in oggetto, le Ricorrenti avevano inter alia contestato che il Tribunale UE:

(i) avrebbe errato nel confermare la decisione della Commissione di applicare la presunzione d’influenza determinante e di responsabilità della società controllante nei confronti di Italmobiliare S.p.A., nonostante questa fosse una holding finanziaria. La CGUE ha rigettato tale argomento, richiamando la giurisprudenza nel caso C-440/11 Commissione/Stichting Administratiekantoor Portielje, nella quale la CGUE aveva affermato - a fortiori - che possono essere ritenute responsabili, assieme alle proprie società controllate, persino le controllanti prive della qualità di impresa. La CGUE ha parimenti rigettato le asserite violazioni dei diritti fondamentali in relazione alla parità di trattamento, personalità della pena e presunzione di innocenza;

(ii) avrebbe commesso un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione delle regole per l’ottenimento dell’immunità contenute nella Comunicazione sulla Cooperazione, concedendola a Linpac nonostante questa non avesse soddisfatto il requisito di aver terminato la propria partecipazione al cartello dal momento della richiesta di immunità. Le Ricorrenti, le quali avevano presentato domanda per seconde, reclamavano pertanto il beneficio dell’immunità a proprio favore a scapito di Linpac. La Corte ha rigettato tale argomento, ritenendo che in ogni caso è solo la prima società a fornire informazioni ed elementi probatori tali da consentire alla Commissione di effettuare un’ispezione mirata o di constatare una violazione dell’articolo 101 TFUE riguardo al presunto cartello che può beneficiare dell’immunità; e

(iii) avrebbe commesso un errore di diritto nel confermare la decisione della Commissione in relazione al profilo della determinazione delle sanzioni. Le Ricorrenti hanno sostenuto che, nel determinare il valore totale delle vendite ai fini del calcolo della sanzione, fossero stati erroneamente inclusi anche i costi di trasporto delle merci vendute e delle provvigioni degli agenti. La CGUE non ha condiviso tale impostazione, ricordando che al fine della determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere la Commissione non utilizza l’utile, bensì il valore delle vendite dei beni o servizi ai quali l’infrazione si riferisce, il quale include anche somme, quali i costi di trasporto o le provvigioni.

Luca Casiraghi
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Private enforcement e nozione di unità economica – Per l’Avvocato Generale Pitruzzella una società controllata potrebbe essere responsabile dei danni causati dalla società madre, sola destinataria dell’accertamento antitrust.

Il 15 aprile sono state pubblicate le conclusioni (le Conclusioni) dell’Avvocato Generale Giovanni Pitruzzella (l’AG) nel caso C-882/19, in cui è stato chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) di fornire chiarimenti circa la possibilità di affermare la responsabilità della controllata per i danni provocati dal comportamento anticoncorrenziale della società madre (c.d. responsabilità “discendente”).

Con decisione del 2016 nel caso AT. 39824 - Trucks, la Commissione europea ha inflitto delle ammende a varie società del settore automotive (tra cui Daimler AG) per accordi anticoncorrenziali sui prezzi degli autocarri. A seguito di tale decisione, la società spagnola Sumal SL ha chiesto alla Corte Provinciale di Barcellona (la Corte) di condannare la controllata spagnola di Daimler (la Controllata), a pagarle circa 20 mila euro a titolo di risarcimento dei danni.

La Corte ha quindi chiesto alla CGUE se la Controllata possa essere ritenuta responsabile per un’infrazione commessa dalla sua controllante, e quali siano le condizioni affinché una tale responsabilità possa eventualmente essere riconosciuta.

L’AG propone quindi di ricorrere nel caso di specie alla teoria dell’unità economica, da sempre utilizzata dalla CGUE per imputare alle controllanti la responsabilità per il comportamento anticoncorrenziale delle controllate (c.d. responsabilità “ascendente”), ma non per affermare la (possibile) responsabilità della controllata per i danni provocati dalla società madre (c.d. responsabilità “discendente”).

A supporto di tale innovativa interpretazione, l’AG ricorda che, ai fini dell’imputazione ad una società madre della responsabilità “ascendente”, la giurisprudenza della CGUE è sempre stata fondata su due diversi elementi: (i) l’influenza determinante che la società madre esercita sulla controllata, la quale si limita a seguire le direttive impartitele dall’alto; e (ii) l’esistenza di un’unità economica tra la società madre e la sua controllata.

L’AG, tuttavia, riconosce che l’influenza determinante esercitata dalla società madre sulla controllata non consente, di per sé, di configurare una responsabilità “discendente”, poiché la controllata ovviamente non esercita alcuna influenza sulla controllante. La responsabilità “discendente” della società controllata potrebbe, quindi, trovare unico suo fondamento sull’esistenza di un’unità economica (di cui peraltro l’influenza determinante costituisce, comunque, requisito essenziale), purché risulti anche “…che l’attività della controllata è, in qualche modo, necessaria alla realizzazione della condotta anticoncorrenziale (per esempio perché la filiale vende i beni oggetto del cartello) …”. Secondo l’AG, quindi, la responsabilità discendente opererebbe esclusivamente ove la controllata operasse nello stesso settore in cui la società madre ha realizzato il comportamento anticoncorrenziale e deve avere reso possibile, con la sua condotta sul mercato, l’attuazione dell’illecito contestato esclusivamente alla controllante.

Accordare alla parte privata lesa la facoltà di agire nei confronti della controllata (domiciliata nel proprio Stato membro), come evidenziato dall’AG, eviterebbe infatti le complessità connesse alla notificazione all’estero dell’atto di citazione e all’esecuzione dell’eventuale sentenza di condanna.

Conclusioni certamente ‘innovative’ rispetto alla giurisprudenza della CGUE (e di molte giurisdizioni nazionali all’interno dell’UE), in relazione al principio base per cui la responsabilità è personale è laddove è sempre e comunque sempre richiesto un nesso causale tra l’obbligo risarcitorio e la condotta illecita della persona giuridica nei cui confronti si agisce, elemento quest’ultimo che nelle Conclusioni non sarebbe invece più necessario; di grande interesse quindi sarà la pronuncia della CGUE che, sebbene potrebbe essere di ulteriore impulso alla diffusione del private enforcement, non si vede come potrà poi evitare di lasciare un ampio margine discrezionale alla Corte per l’applicazione in concreto del principio di diritto che la stessa vorrà elaborare.

Mila Filomena Crispino
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Aiuti di Stato ed energia rinnovabile – Il Tribunale dell’UE annulla la decisione della Commissione di non sollevare obiezioni rispetto ad alcuni incentivi a sostegno delle fonti di energia rinnovabile.

Il Tribunale dell’UE (il Tribunale UE) ha accolto il ricorso delle società Achema AB e Lifosa AB (le Ricorrenti) avverso la decisione con cui la Commissione europea (la Commissione) aveva stabilito di non sollevare alcuna obiezione rispetto agli aiuti di Stato concessi dalla Lituania a favore dei produttori di energia che impiegano fonti di energia rinnovabile (la Decisione).

Le Ricorrenti avevano già nel 2016 presentato un reclamo alla Commissione allegando l’illegittima concessione da parte della Lituania di aiuti di Stato a favore dei produttori di energia rinnovabile. Tale misura si concreta nel rimborso da parte di un fondo statale di un sovrapprezzo imposto ai distributori di energia elettrica a favore dei produttori che impiegano fonti rinnovabili. Tre anni più tardi, la Commissione ha adottato una decisione constatando che, benché la Lituania avesse violato l’obbligo di preventiva notifica degli aiuti di Stato disposta dall’articolo 108, comma 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), la misura risultava compatibile con il mercato interno ai sensi della lettera c) dell’articolo 107, comma 3 TFUE, senza ritenere necessario l’avvio di un procedimento di indagine approfondita, escludendo quindi la partecipazione spontanea di qualsiasi parte interessata, quali le Ricorrenti sostengono di essere.

Le Ricorrenti hanno quindi impugnato la Decisione allegando la violazione dei propri diritti di difesa, e sostenendo che la Commissione avrebbe dovuto avviare un procedimento di indagine approfondita nel corso del quale le Ricorrenti avrebbero potuto fare valere i propri diritti.

Il Tribunale UE ha riconosciuto, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’esistenza di un obbligo a carico della Commissione di avviare un procedimento di indagine approfondita nel caso in cui sussistano delle oggettive difficoltà o dei credibili dubbi nella valutazione di una misura astrattamente costitutiva un aiuto di Stato. Per l’effetto, una decisione assunta dalla Commissione in assenza di un’indagine approfondita può essere annullata dal Tribunale UE anche solo sulla base di questo fatto, a prescindere dal suo merito. Di conseguenza, nel caso di specie, è stato necessario valutare se ricorressero indizi della sussistenza di tali oggettive difficoltà.

Il Tribunale UE ha basato la propria decisione sull’analisi sia del procedimento che della Decisione: relativamente al procedimento, esso ne ha rilevato la durata significativa – le best practices della Commissione prevedono una durata indicativa di procedimenti analoghi intorno ai 12 mesi, mentre quello in discorso ha richiesto quasi tre anni – nonché le ripetute e approfondite comunicazioni con il governo lituano che la Commissione ha richiesto per addivenire a una decisione. Per quanto riguarda il contenuto della Decisione, è stata rilevata la carenza di precisione su alcuni punti che descrivevano le misure in discorso. Sulla base di tali fattori il Tribunale UE ha concluso che appare difficile credere che la decisione non presentasse oggettive difficoltà, ritenendo applicabile l’obbligo per la Commissione di avviare un’indagine approfondita e, per l’effetto, annullando la Decisione.

Il caso in discorso sembra un perfetto esempio della incrementata attenzione del Tribunale UE a limitare la discrezionalità di cui può avvalersi la Commissione nell’assunzione delle proprie decisioni sia da un punto di vista procedurale, sia sotto il profilo sostanziale. Senza infatti porre in dubbio il merito del provvedimento, il Tribunale UE ha analizzato in profondo dettaglio la Decisione sotto il profilo della logicità e non contraddittorietà dell’iter logico della Commissione, rinvenendo e obiettando puntualmente a ogni passaggio che non ha ritenuto persuasivo. Da un lato la prova di un controllo sì penetrante sul provvedimento del braccio esecutivo dell’Unione non può che rassicurare, nella sua funzione di salvaguardare le garanzie procedurali nell’applicazione del diritto eurounitario; dall’altro, tuttavia, è auspicabile che tale controllo sia sempre esercitato con il doveroso riguardo all’efficienza procedimentale soprattutto in situazioni, come quella in discorso, rispetto a cui la certezza del diritto è “sospesa”, in attesa di giudizio, per periodi molto prolungati a discapito di tutte le parti coinvolte.

Riccardo Fadiga
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Diritto della concorrenza Italia/Concentrazioni e settore delle telecomunicazioni – l’AGCM avvia un’istruttoria nel mercato delle towercos.

Lo scorso 30 marzo 2021, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato, ai sensi dell’articolo 16, comma 4, della legge n.287/90, l’avvio di un’istruttoria volta a valutare gli effetti dell’operazione di concentrazione (Operazione) consistente nell’acquisto del controllo esclusivo di CK Hutchison Networks Italia S.p.A. (CKHNI) da parte di Cellnex Italia S.p.A. (Cellnex).

Le parti dell’Operazione sono attive nel settore della fornitura di servizi di ospitalità su infrastrutture per le telecomunicazioni mobili. In particolare, Cellnex è un operatore indipendente di infrastrutture per le telecomunicazioni wireless, soggetto al controllo dell’entità di diritto spagnolo Cellnex Telecom S.A. CKHNI, invece, è controllata da Wind Tre S.p.A. ed è stata creata a seguito dello scorporo delle attività relative alle infrastrutture di telecomunicazione mobile di Wind Tre.

Nel provvedimento di avvio, l’AGCM osserva che l’Operazione ha luogo in un mercato che sta attraversando una rapida fase di consolidamento, iniziata con la creazione dell’impresa comune Inwit da parte di TIM e Vodafone Italia ed approvata dalla Commissione UE con condizioni (Cfr. Caso M.9674  – Vodafone Italia/TIM/Inwit JV). Ad avviso dell’AGCM, l’Operazione solleva preoccupazioni concorrenziali di natura sia orizzontale, sia verticale.

Sotto il profilo orizzontale, l’AGCM ritiene che, a seguito dell’Operazione, Cellnex diverrebbe il primo operatore nel segmento dei servizi di ospitalità nei confronti dei terzi a livello nazionale, con una quota di mercato superiore al 70%. Inoltre, ad avviso dell’AGCM, l’Operazione comporterebbe la scomparsa dal mercato del terzo operatore, i.e. CKHNI, con conseguente rimozione della relativa pressione concorrenziale. Infine, l’AGCM osserva che l’Operazione comporterebbe altresì un incremento significativo del grado di concentrazione sul mercato (come confermato dal confronto tra l’indice HHI pre-merger e post-merger). Tutto quanto sopra, conclude l’AGCM, potrebbe consentire a Cellnex di attuare comportamenti unilaterali quali aumenti di prezzo o riduzioni della capacità disponibile sul mercato, anche tramite razionalizzazione dei siti (c.d. decommissioning). Tali considerazioni si applicherebbero sia a livello nazionale, sia a livello locale, in quanto l’entità risultante dall’operazione deterrebbe posizioni di mercato significative anche in specifici Comuni.

Sotto il profilo verticale, l’AGCM solleva due preoccupazioni: Cellnex potrebbe ostacolare i propri concorrenti nell’accesso a potenziali clienti (sia operatori mobili, cc.dd. MNOs, sia operatori wireless, cc.dd. FWAs) attivi nel mercato a valle (c.d. customer foreclosure). Inoltre, Cellnex sarebbe nella posizione di ottenere condizioni contrattuali di vantaggio nei confronti dei proprietari dei siti attivi nel mercato a monte, offrendo contratti con prestazioni leganti (c.d. input foreclosure).

In considerazione di tutto quanto sopra, l’AGCM ha ritenuto di avviare un procedimento istruttorio avente ad oggetto l’Operazione (c.d. fase due), con significativi profili di interesse e meritevole di numerose riflessioni.

In via generale, sembra legittimo interrogarsi sulla effettività di un sistema di controllo delle concentrazioni, quale quello italiano, in cui l’AGCM dispone di un tempo assai limitato per concludere l’istruttoria. Ciò è particolarmente vero per casi complessi che insistono su settori regolati, come l’Operazione. Non a caso l’AGCM, nella sua segnalazione al Governo in relazione alla c.d. legge sulla concorrenza (si veda la nostra Newsletter del 29 marzo 2021) ha incluso una proposta di modifica procedimentale al riguardo.

Con specifico riferimento all’Operazione, l’AGCM dovrà in primo luogo verificare l’effettiva sussistenza delle preoccupazioni concorrenziali espresse nel provvedimento d’avvio; sotto questo profilo, è senz’altro peculiare che il procedimento abbia ad oggetto la cessione di un business da parte di un operatore verticalmente integrato ad un operatore indipendente, operazione che nella maggioranza dei casi viene ritenuta se non pro-concorrenziale, quantomeno neutra. In ogni caso, dovrà essere garantita coerenza e proporzionalità rispetto all’approccio adottato dalla Commissione europea nel summenzionato caso Inwit.

Luca Feltrin
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