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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 02 maggio 2023

Diritto della concorrenza – Europa / Diritto UE e standard essential patents – La Commissione ha pubblicato una proposta di regolamento in materia di standard essential patents

La Commissione europea (la Commissione) ha pubblicato una proposta di regolamento sui cc.dd. standard essential patents, nell’ambito di un più ampio intervento di aggiornamento delle norme sul diritto brevettuale europeo, anche in vista dell’introduzione del brevetto unitario europeo il 1° giugno 2023.

Gli standard essential patents (SEP) sono brevetti che hanno ad oggetto tecnologie dichiarate essenziali per l’attuazione di uno standard tecnico (es. wi-fi, 5G, bluetooth) adottato da un’organizzazione di definizione degli standard (standard development organisation, o SDO). Pertanto, per realizzare un prodotto conforme ad uno standard, ogni produttore è per definizione obbligato a utilizzare i relativi brevetti che, quindi, risultano “essenziali”. Ad esempio, ogni produttore di computer o telefoni cellulari che necessitano di una connessione wireless deve necessariamente dotarli di un sistema di connettività wi-fi e quindi disporre delle licenze della relativa tecnologia.

Gli standard tecnici non consistono generalmente in una singola tecnologia brevettata, ma sono composti da centinaia di brevetti. Ognuno di questi è indispensabile e possono essere nella titolarità di soggetti anche molto diversi (spesso grandi aziende tecnologiche come ad es. Samsung o IBM, o soggetti non attivi direttamente in quei mercati e il cui core business consiste nell’acquisire brevetti e concederli in licenza, ovvero in centri di ricerca e sviluppo).

Il monopolio legale garantito da questi brevetti è stato bilanciato dal diritto antitrust mediante un obbligo dei titolari dei SEP a concederli in licenza a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie (FRAND), ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

Nel corso degli anni, l’applicazione del diritto antitrust ai SEP ha incontrato alcune criticità, riguardanti essenzialmente (i) l’individuazione dei brevetti effettivamente essenziali; e (ii) la definizione in concreto delle condizioni di licenza FRAND. Ciò ha condotto ad una rilevante incertezza rispetto ai presupposti delle collegate fattispecie di abuso di posizione dominante (c.d. refusal to license).

La proposta di Regolamento della Commissione affronta queste difficoltà istituendo all’interno dell’Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) un centro dedicato ai SEP incaricato di gestire ogni aspetto della loro registrazione e verifica, nonché un registro dei brevetti essenziali.

Per quanto riguarda l’identificazione delle condizioni FRAND, la proposta di Regolamento impone ai titolari di SEP e alle SDO di fornire specifiche informazioni all’EUIPO e notificare la misura della royalty aggregata collegata allo standard. A partire da questi dati e attraverso un articolato procedimento consultivo, lo EUIPO, insieme alle associazioni di categoria e ai soggetti interessati, è incaricato di definire le condizioni di licenza FRAND relative ad ogni standard. Viene, inoltre, istituita una procedura di conciliazione per le controversie legate alle licenze a condizioni FRAND.

Sono infine introdotte sanzioni in caso di mancata registrazione di uno standard o collaborazione con EUIPO. In particolare, sino all’adempimento di tali obblighi lo standard non è tutelato e i titolari dei SEP non hanno diritto a ricevere alcuna royalty per l’utilizzo delle relative tecnologie.

Con tale proposta di regolamento la Commissione sembra compiere un radicale cambiamento di ottica nella regolazione dei SEP, passando da un precedente approccio fondato sull’auto-regolamentazione dei soggetti coinvolti (con intervento solo ex post, mediante il diritto antitrust) a un meccanismo più sistematico e istituzionalizzato.

Alberto Galasso

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Concentrazioni e settore delle telecomunicazioni – L’Avvocato Generale Collins ha fornito le sue conclusioni sul gun-jumping relativo all’acquisizione di PT Portugal da parte di Altice

Il 28 aprile 2023 l’Avvocato Generale Collins (l’AG) ha fornito le proprie conclusioni alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) circa il caso riguardante l’acquisizione di PT Portugal SGPS SA (PT Portugal), operatore di telecomunicazioni e di servizi multimediali in Portogallo, da parte di Altice Europe NV (Altice), una società multinazionale di telecomunicazioni e di teledistribuzione avente sede nei Paesi Bassi. Nell’ambito di tale concentrazione, la Commissione aveva accertato due violazioni distinte relative ad una complessiva fattispecie di c.d. gun-jumping (dell’argomento ci si è già occupati in questa Newsletter).

L’AG ha ritenuto che le due sanzioni irrogate dalla Commissione, già in parte confermate dal Tribunale, non riguardassero la stessa infrazione. Essi, infatti, “…si riferiscono a comportamenti diversi, sebbene l’esistenza di tali comportamenti possa, in taluni casi, essere stabilita con riferimento ad alcuni degli stessi fatti…”.

Più in particolare, Altice, da una parte, avrebbe violato il divieto di dare attuazione ad una operazione di concentrazione prima dell’ottenimento della relativa approvazione da parte dell’autorità antitrust comunitaria, i.e. il c.d. obbligo di stand-still prescritto dall’art. 7, par. 1, del regolamento (CE) n. 139/2004 (Regolamento); dall’altra, precedentemente a ciò, avrebbe inoltre omesso di notificare alla Commissione la concentrazione, in violazione dell’art. 4, par. 1, dello stesso Regolamento.

L’obbligo di notificazione sorge dopo la conclusione dell’accordo (o la comunicazione dell’offerta d’acquisto) ma prima che inizi la realizzazione della concentrazione. La concentrazione, invece, non può essere realizzata prima della notifica, né prima questa sia dichiarata compatibile con il mercato interno. Ad aggravare la posizione della società attrice è stata ricordata l’esistenza di “prove documentali” che avvisavano la società che la sua condotta avrebbe portato alla violazione di questi due obblighi.

L’AG, dopo aver fornito una definizione di “diritto di veto”, ha osservato che gli accordi tra le parti efficaci prima della realizzazione dell’operazione (c.d. closing) conferissero in modo prematuro dei diritti di veto alla Altice su alcune decisioni commerciali di PT Portugal.

Nell’ambito del giudizio, Altice ha altresì lamentato che le sanzioni ricevute fossero sproporzionate rispetto alle precedenti ammende irrogate per violazioni analoghe. L’AG ha respinto tale affermazione poiché solo un ammontare significativo come quello stabilito (62.250 milioni euro per ciascuna violazione) è idoneo ad avere un reale effetto deterrente. Inoltre, l’AG ha ritenuto soddisfatta la condizione relativa alla sussistenza della negligenza nella commissione dell’infrazione da parte di Altice.

Infine, l’AG ha osservato come, confermando le sanzioni, si incentivi il rispetto dell’obbligo di notifica alla Commissione e dell’obbligo di standstill previsto nel Regolamento.

Sebbene il parere fornito dall’AG non sia vincolante, ci si attende che la CGUE confermi, nella sua decisione, la posizione espressa nelle conclusioni qui in commento, stabilendo con tale sentenza il precedente di riferimento sul tema nell’ambito del diritto UE.

Irene Ammendola

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Diritto della concorrenza – Regno Unito / Concentrazioni e settore del gaming – La CMA vieta l’acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft

Lo scorso 26 aprile febbraio, la Competition and Markets Authority (CMA) ha bloccato la proposta di acquisizione di Activision-Blizzard, Inc. (Activision) da parte di Microsoft Corporation (Microsoft).

Come già esposto in questa Newsletter, Activision sviluppa e pubblica videogiochi per console, PC e dispositivi mobili, e costituisce al momento una delle maggiori case editrici di videogiochi a livello mondiale, anche grazie alla presenza nel proprio portafoglio di titoli di particolare successo quali Call of Duty e Candy Crush. Microsoft, dal canto suo, oltre ad offrire prodotti ben noti quali il sistema operativo Windows e il servizio di cloud computing Azure, sviluppa, pubblica e distribuisce videogiochi – anche particolarmente popolari, come Minecraft – e produce anche una propria console (Xbox) assieme ai relativi servizi.

Nel corso dell’istruttoria, la CMA aveva ipotizzato che la concentrazione fosse idonea a produrre una significativa riduzione del confronto competitivo nelle forme di una possibile effetto escludente (input foreclosure), nei mercati a valle della (i) vendita delle console per videogiochi e della (ii) fornitura dei servizi di cloud gaming, entrambi mercati rispetto ai quali veniva dunque ravvisato un rischio in relazione all’accesso a taluni input, i.e. videogiochi nel portfolio di Activision.

Nello specifico, il primo dei due mercati in esame – che la CMA ritiene difficilmente contestabile, date le barriere all’entrata derivanti dagli elevati effetti di network che lo caratterizzano – è dominato da tre grandi player, ossia Microsoft, Sony e Nintendo, attivi rispettivamente con i brand Xbox, PlayStation e Switch. Di questi, Microsoft e Sony risultano i concorrenti particolarmente prossimi, data l’elevata similitudine nelle caratteristiche tecniche e videoludiche offerte dalle relative console (a differenza di Nintendo, che offre prodotti con un livello di sostituibilità inferiore).

Per quanto concerne invece il mercato dei servizi di cloud gaming, consistenti nell’offerta ai gamer di servizi di streaming dei videogiochi su qualsiasi dispositivo compatibile tramite il supporto delle strutture hardware (cloud) dei fornitori di tali servizi, la CMA rileva che, pur trattandosi di un mercato nascente e in evoluzione, Microsoft risulta già candidata ad essere il principale operatore di mercato data la propria posizione privilegiata sui mercati limitrofi dei servizi cloud, dei sistemi operativi per PC e del proprio catalogo di titoli videoludici.

Con riferimento al mercato delle console, la CMA ha concluso che, pur acquisendo Activision (e in particolare grazie all’acquisto del suo titolo di maggior successo, ossia Call of Duty), Microsoft non avrebbe comunque avuto l’incentivo a precludere l’accesso a un input rilevante ai propri competitor. Dalle evidenze quantitative prodotte da Microsoft è infatti emerso che, dati i mancati introiti derivanti dall’interrotta vendita del titolo in esame sulle console concorrenti, una potenziale strategia di foreclosure non sarebbe stata finanziariamente proficua né a breve (1 anno), né a medio termine (5 anni).

Diversamente, la CMA ha ritenuto che una simile strategia avrebbe ben potuto essere attuata con efficacia nel mercato del cloud gaming. Rileva a questo proposito l’Autorità antitrust inglese che, data la volatilità e incertezza che caratterizza i mercati interessati da effetti di rete quale quello in esame, è difficile prevedere l’evoluzione del mercato a breve e medio termine. Al netto di tale considerazione, la CMA evidenzia il rischio che Microsoft – operatore incumbent del mercato con quote pari al 60-70% - possa sfruttare la propria posizione di forza in termini di disponibilità di titoli videoludici (che l’acquisizione in esame accrescerebbe ulteriormente) offrendo in esclusiva i propri titoli sul proprio servizio di cloud gaming (ad esclusione di quelli concorrenti) - peraltro in linea con la strategia già seguita da Microsoft su questo segmento. Il rischio risulta ancora più accentuato se si considera che al momento non paiono esistere reali pressioni concorrenziali in capo a Microsoft su questo settore, come dimostrato dalla recente decisione di Google – operatore indubbiamente attrezzato per competere sul piano infrastrutturale e finanziario con Microsoft - di chiudere la propria business unit attiva nel cloud gaming data la difficoltà a entrare nel mercato. Sulla base di tali considerazioni, e data l’impossibilità di risolvere i rischi in commento con rimedi diversi da misure strutturali, la CMA ha deciso di bloccare l’acquisizione.

Il veto in esame non costituisce certamente l’epilogo della vicenda, stante, da un lato, la veemente dichiarata intenzione delle parti di impugnare il provvedimento davanti al Competition Appeal Tribunal; dall’altro, la medesima operazione è in questo momento soggetto all’analisi da parte della Commissione UE in fase II, la cui decisione è attesa per il 22 maggio prossimo.

Sarà dunque interessante vedere sia che posizione prenderà il giudice specializzato del Regno Unito in questo caso, che conferma il ruolo di protagonista della CMA nella scena globale del merger control nel settore digital / tech, sia se la Commissione UE prenderà una diversa posizione.

Alessandro Canosa

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Energy / Consultazione e distribuzione di energia – Aperta la consultazione dell’ARERA sulle priorità per gli investimenti in reti di distribuzione dell’energia elettrica

In data 20 aprile 2023, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (l’ARERA) ha posto in consultazione una serie di orientamenti per (i) l’identificazione delle priorità per uno sviluppo maggiormente selettivo degli investimenti nelle reti di distribuzione dell’energia elettrica, e (ii) la progressiva introduzione di disposizioni per la predisposizione dei piani di sviluppo delle imprese di distribuzione di energia elettrica con almeno 100.000 clienti finali (la Consultazione).

La Consultazione si inserisce nell’attuale contesto di transizione energetica, che vede come elemento centrale inter alia lo sviluppo delle infrastrutture di distribuzione dell’energia elettrica. Come riportato dall’ARERA nell’introduzione alla Consultazione, per tali reti è previsto un trend di investimenti crescenti a fronte di molteplici esigenze, che variano dall’integrazione della generazione da fonti rinnovabili, agli impatti dell’elettrificazione e della conseguente crescita del carico atteso, all’integrazione dei veicoli elettrici - solo per citare alcuni esempi. Un rapporto preparato a inizio 2021 da due associazioni europee di imprese distributrici ha indicato investimenti compresi tra 375 e 425 miliardi di euro per il periodo 2020-2030 nei 27 paesi dell’Unione Europea e nel Regno Unito.

Date queste premesse, per quanto concerne l’identificazione delle priorità (di cui al punto (i) di cui sopra), l’ARERA ha chiesto alle parti interessate di presentare una selezione delle priorità per lo sviluppo selettivo degli investimenti nelle reti di distribuzione dell’energia elettrica, indicando se possibile un livello di importanza (es. elevato, medio, limitato) annesso a ciascun driver (tra cui l’ARERA ha citato l’incremento della resilienza della rete a eventi estremi, l’ammodernamento delle colonne montanti condominiali e il contributo al controllo della tensione e alla gestione degli scambi di energia reattiva).

Per quanto concerne la predisposizione dei piani di sviluppo (di cui al punto (ii) supra), in particolare l’ARERA ha suggerito che le imprese distributrici, a partire dai piani di sviluppo 2025, adottino questa sequenza:

  • presentino i piani di sviluppo all’ARERA entro il 31 gennaio degli anni dispari;
  • quindi conducano una consultazione pubblica - ed è probabilmente questa la novità maggiormente degna di nota - della durata di almeno 30 giorni; e
  • successivamente trasmettano i piani di sviluppo, le osservazioni ricevute e le proprie contro-osservazioni, con indicazioni delle modifiche apportate, all’ARERA entro il 30 aprile degli anni dispari.

Per l’anno 2023, l’ARERA è orientata a prevedere che le imprese distributrici con almeno 100.000 clienti finali accompagnino il proprio piano di sviluppo con i seguenti elementi (non richiesti per i piani precedenti):

  •  l’identificazione delle criticità e delle esigenze per lo sviluppo delle reti di distribuzione; e
  •  la verifica della coerenza con i contenuti del Piano di sviluppo 2023 della rete di trasmissione nazionale.

I soggetti interessati sono invitati a far pervenire all’ARERA le proprie osservazioni entro il 24 maggio 2023.

Mila Filomena Crispino

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